Novecento «privato»
La collezione Merlini a Palazzo Loredan

Ennio Morlotti, «Adda a Imbersago», un olio su tela del 1956. Una delle trecento opere della collezione Merlini
Esiste anche in Italia, sotto traccia, una realtà silenziosa di collezionisti privati che senza velleità di mercato e di esposizione mediatica, ma con amore e pazienza, spesso frequentando gli studi degli artisti e scegliendo le opere da acquistare con un occhio a volte più preveggente di quello di tanti critici, mettono insieme raccolte di arte moderna e contemporanea importanti. Conservate gelosamente nelle proprie case, magari ruotandole di tanto in tanto, o esposte sporadicamente solo in ambiti "privati", tra amici e conoscenti. A volte, però, questi collezionisti "emergono" e scelgono finalmente di mostrare anche in pubblico il frutto delle loro scelte. E' il caso, ora, a Venezia, di Giuseppe Merlini, che per la prima volta espone da ieri (e fino al 6 novembre) a Palazzo Loredan - una delle sedi dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti - una selezione significativa delle circa trecento opere che possiede nella mostra Dalla figura alla Figurazione nel '900 italiano, curata da Stefano Cecchetto. Merlini è un amabile e distinto signore, che nella vita privata è un facoltoso commercialista, ma che sente, da tempo, forte il richiamo dell'arte e della «diversità» dell'artista, forse, inconsciamente, invidiandolo. E sono testimonianza di questa sua pulsione le scelte compiute dagli anni Sessanta, impaginate da Cecchetto in una mostra che cronologicamente fissa nelle opere selezionate il cambiamento della rappresentazione iconografica nell'arte del Novecento italiano, dalla grafica dei magnifici ritratti di Modigliani degli anni '10, alla matita su carta di Omar Galliani nello spettacolare ed evocativo Grande disegno siamese del 2008. Merlini punta su Fontana, acquistando ben cinque sue opere, ma non si limita ai "tagli", ma sceglie, ad esempio, un formidabile Concetto spaziale del '61, a fondo oro e con l'inserzione su tela degli ormai celeberrimi vetri rosa e verdi. E acquista un'opera giudicata minore di Enrico Baj - che frequentò Fontana - del '55, come Bambini, perché nell'olio e collage su tela compaiono quelle pietre colorate che richiamano quelle dell'opera dell'artista di origine argentina. E se in mostra compaiono anche due dipinti "mitologici" di Giorgio De Chirico, tra cui spicca Due cavalli sulla spiaggia del '29, c'è spazio, ad esempio, anche per l'informale di Ennio Morlotti, con due grandi "teleri" materici come Adda a Imbersago e Paesaggio, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Perché l'intento di Merlini - limitatamente alle sue possibilità, notevoli ma non immense - è quella di documentare attraverso scelte multiple delle loro opere, l'evoluzione degli artisti a cui si interessa. In esposizione a Palazzo Loredan, dipinti di grandissimo rilievo, come il commovente, impalpabile Vaso di fiori di Filippo De Pisis, del '32, in cui la materia pittorica dei fiori si fonde e si uniforma con quella delle vibratili farfalle posate su di essi. O un interessantissimo Composizione con paesaggio e figura del '44 di Mario Sironi, nella cui composita articolazione, il manichino inscritto nella nicchia richiama la suggestione metafisica a cui l'artista non fu estraneo. La mostra si conclude con una sezione dedicata alla conservazione delle opere, perché con sofisticati metodi diagnostici, Merlini prima dell'acquisto vuole garantirsi l'autenticità delle opere, ma anche scoprire quegli elementi (dalla natura dei leganti del colore, agli interventi minimali sulla tela) che le caratterizzano.
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