Padova, strade coloniali sotto accusa: "Via quei nomi e cambiamo i cartelli"

Si accende il dibattito su statue e intitolazioni toponomastiche. Il Quadrato Meticcio lancia per sabato un’iniziativa contro il razzismo 
CADONI -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - STRADE QUARTIERE PALESTRO
CADONI -AGENZIA BIANCHI-PADOVA - STRADE QUARTIERE PALESTRO

Il caso.

Ambaradan sembra un innocuo gioco di parole, un pezzo di filastrocca, l’inizio di uno scioglilingua. E chissà che sorrisi di bambini, di fronte al cartello di quella strada con un nome così buffo. Per non parlare di Tembien: chissà chi è o che razza di posto (esotico?) vuole richiamare. Sono lì da tempo immemore, quelle strade, con quei nomi. Il tempo, insieme a una diffusa e innegabile ignoranza della storia, hanno reso innocue certe dediche toponomastiche. Ma la resa dei conti è vicina: sulla scia dell’uccisione di George Floyd a Minneapolis, e delle manifestazioni che in tutto il mondo stanno riaprendo il dibattito anche sul passato coloniale europeo, queste strade del quartiere Palestro, che richiamano le disavventure coloniali italiane, diventeranno teatro di una riflessione collettiva.

L’iniziativa

L’hanno organizzata, per sabato prossimo alle 16, l’associazione sportiva Quadrato Meticcio, che da sempre sventola la bandiera dell’integrazione, insieme al coordinamento Studenti Medi, all’Asu, ai Cobas, al centro sociale Pedro, a Non una di meno, alla polisportiva San Precario, alla palestra popolare Chinatown e a Sconfinamenti. «A Padova ci sono strade intitolate a battaglie coloniali e a personaggi che ne hanno fatto parte», fanno notare gli organizzatori. «E per rimanere connessi con le proteste che stanno sconvolgendo la “normalità” a cui una certa fascia sociale vuole tornare, abbiamo deciso di organizzare un percorso, riprendendoci le strade, la città».

Nuovi cartelli

L’appuntamento è per sabato in via Tembien, strada che prende il nome dalla regione su cui si combatterono due battaglie della guerra d’Etiopia, nelle quali l’esercito italiano uccise oltre 13 mila soldati del ras Mulughietà. «Partiamo da tre strade», annunciano gli organizzatori. «Oltre a via Tembien, arriveremo in via Amba Aradam e via Amba Alagi. Lì attaccheremo cartelli che spiegano l’origine della denominazione delle tre strade. Tutti i partecipanti sono chiamati a creare cartelloni alternativi in cui proporre altre denominazioni per queste vie. Portateli da casa - è l’appello - oppure creiamoli insieme. Sul posto sarà fornito il materiale». L’obiettivo è riflettere tutti insieme, a voce alta, «decolonizzare gli sguardi». E poi, aggiungono gli organizzatori, «raccontare il passato, prendere posizione, costruire strade future possibili basate sull’antifascismo e sull’antirazzismo».

Da Colombo a Montanelli

Tutto questo succede mentre a New York (ma non solo) si discute dell’opportunità di rimuovere la statua di Cristoforo Colombo. E mentre a Milano quella di Indro Montanelli è imbrattata e additata come emblema dello schiavismo sessuale. E così si torna ad Amba Aradam, località che ci ha tramandato un modo di dire (“Un ambaradan”) che evoca disordine, confusione. Proprio quella che si era creata nel febbraio del 1936 durante la campagna d’Etiopia, quando l’esercito italiano fronteggiò le milizie locali, assoldando anche tribù mercenarie. Ne nacque una battaglia confusa, appunto, un “ambaradan”, risolto infine con il ricorso al gas iprite, rilasciato dagli aerei italiani a bassa quota. Un genocidio, ammesso dall’Italia solo nel 1996. Che va certamente ricordato, ma che forse non merita la targa di una strada. —

 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova