Paola e l’ostinata eco del Cuamm

Un’eco nel cuore, da sempre: l’Africa nera che è l’altra faccia di Padova. E l’ostinazione di una giovane donna a non rinunciare al sogno. Una storia sintomatica, che viene dal Cuamm: i medici (e non solo) con l’Africa nel sangue.
È la vita di Paola Bison, figlia di padovani, laureata al Bo, mamma di Andrea nato dalla storia d’amore con la Sierra Leone. Statisticamente, l’eccezione più eccezionale da immaginare. Eppure, è la norma se si crede davvero in qualcosa.
«Sono nata a Padova 40 anni fa. Famiglia normale, felice di esserlo: ho un fratello e una sorella. Mi sono laureata in Statistica, in via san Francesco... la stessa via del Cuamm. Ricordo come guardavo le grandi finestre dai portici, con ammirazione. Avevo un’idea chiara dentro di me: imparare un lavoro nel mondo profit per andare a farlo in un Paese in via di sviluppo» comincia a raccontare via e mail.
Paola si era trasferita a Milano proprio per lavoro: AC Nielsen e poi Vodafone. Numeri, analisi, pianificazione, budget. Però in fondo all’anima lei continuava a coltivare il suo sogno. Con un’eco da Padova.
La prima volta.
Nel 2008, decide il primo passo: ottiene un’aspettativa e parte con VSO (ong inglese) per la Sierra Leone come Programme development adviser alla National Commission for Democracy .
«Un’esperienza bellissima che si conclude però con un brutto incidente stradale a Freetown: rimpatrio d’urgenza, operazioni, mesi di ospedali e riabilitazioni. Ma sono viva» sintetizza Paola che ha conosciuto giorni ostici fra un’operazione e l’altra, «Torno al lavoro, mi aiutano e mi trasferiscono a Padova. Ma l’idea resta la stessa: ripartire, anche dopo quello che è successo, dopo un figlio, dopo altre, inaspettate, operazioni».
La testa ragiona: contratto garantito da “quadro”; a tempo indeterminato; per di più in un’azienda solida. La coscienza aggiunge la responsabilità nei confronti di Andrea, nato alla vigilia di Natale 2010. Ma il cuore era e resta «africano», nonostante tutto, anche se a tutti sembra una follia.
E Paola sa che non può nè vuole cancellare il richiamo del Continente Nero. Il 16 ottobre 2011, nel giorno del suo compleanno, viene di nuovo ricoverata in ospedale: sospetta ostiomielite alla tibia è l’ultima diagnosi dei medici.
La lettura “galeotta”.
«Mia mamma, durante l’ennesima convalescenza mi porta “Il bene ostinato” di Paolo Rumiz, libro sul Cuamm» ricorda, «Lo sa e me lo dice: “Forse faccio male a regalartelo”, perché mi conosce e conosce i miei sogni, anche se non ne parlo. Lo leggo: riemerge la voglia di ripartire. Scopro per caso che il Cuamm ha iniziato a lavorare in Sierra Leone».
A giugno 2012 Paola presenta il suo curriculum. «Mi candido magari un giorno chissà…» si dice mentre varca il portone di via San Francesco, «Intanto andiamo a conoscerli, anche solo per respirare un po’ di Africa a Padova. Soltanto per entrare nel palazzo e vedere da dentro le grandi finestre, con un piccolo pezzettino del mio sogno».
La svolta.
A settembre 2012, Paola frequenta il corso riservato agli amministrativi che supportano la “missione” dei Medici con l’Africa. «Voglio ripartire, anche se per mesi e forse anni il sogno si è offuscato» ripensa, «La paura è stata di non ripartire più, con la mia salute incerta, con un bambino piccolo…». Da una parte il lavoro sicuro. Dall’altra sempre la stessa eco che rimbalza dal cuore al cervello. Un bivio, ma solo in teoria, perché Paola frequenta il Cuamm e il sogno continua ad essere sempre meno un miraggio e sempre più possibile.
Il 28 giugno scorso la decisione matura, definitivamente. «Esubero» volontario dall’azienda con il posto garantito. E «trasloco» armi e bagagli, con tutta la famiglia.
«Non è stato semplice dopo 13 anni, ma io il futuro lo sto costruendo con il Cuamm» confessa Paola. «A me sembra un incastro complesso ma quasi perfetto, anche se è dura convincere chi mi sta accanto. Provo a spiegare alle persone care quanto più incerto sarebbe rimanere. Voglio riprendermi il sogno e ho una motivazione in più. Voglio che mio figlio veda sua madre fare un lavoro in cui crede, con passione. Fargli capire che a volte i sogni si avverano. Non tutti, ma a volte sì. E dipende anche da noi».
A metà luglio, arriva la prima possibile destinazione: Angola. «Ci pensiamo. Mi immagino già lì a riunire una famiglia creata a tratti, in questi anni scanditi da ricoveri e operazioni» ripensa Paola, «Ma il mio compagno parla solo inglese. Avrei bisogno di vacanze. Un po’ titubante dico “Mi richiamate se rifiuto?”. Dal Cuamm richiamano dopo due giorni: “Siediti Paola: abbiamo bisogno di un’amministrativa in Sierra Leone. Non potevamo non proportelo, ma devi partire subito”. Il mio compagno è là: Andrea conoscerà le sue origini. Partire subito: e le vacanze? Le salto, sto davvero per ritornare sulla mia strada».
«Quello che volevo da sempre».
Il 3 luglio il volo con destinazione finale Pujehun. «Sto davvero per ripartire. Corse folli, giornate frenetiche anche dal punto di vista emotivo» ripesca dalla memoria Paola, «Poi siamo ripartiti, dentro al sogno. Certo, anche in mezzo alle mille difficoltà legate al progetto, alla Sierra Leone. Tuttavia, oggi sento di essere nel posto giusto, tutto compreso. E’ difficile, ma il motivo per cui lo fai e le persone con cui lo fai confermano quanto sia giusta questa scelta».
Ecco, Paola l’africana. Una padovana nera. L’eco ostinata del Cuamm. Più di 60 anni dopo l’intuizione del professor Francesco Canova, sulla scia di Euntes curate infirmos. Medici con l’Africa è sempre l’ong italiana più conosciuta e radicata nel continente più povero. Una storia salutare, che cura lo scetticismo e fa da omeopatia all’indifferenza. Paola mette sotto l’albero un altro regalo: lo stesso sogno.
E conclude: «La mia può sembrare una scelta atipica, ma è quello che desidero, che desideravo da sempre. E’ la via giusta? Per ora il sorriso di mio figlio mi dice di sì. E sono anche riuscita a fare le tanto rimandate vacanze estive. In novembre, a Padova». (e.m.)
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