Patteggiamenti Catapano la Cassazione li annulla

I sette campani che gestivano le bancarotte tornano davanti al Gup L’avvocato ricusa il giudice che si era già occupato del caso, si decide il 23 maggio

La Corte di Cassazione ha annullato i sette patteggiamenti, risalenti al settembre 2011, in merito al primo capitolo dell’inchiesta sul cosiddetto clan Catapano, una holding campana che, in cambio del 15 per cento in contanti dei debiti accumulati, acquistava le aziende da imprenditori sull’orlo del fallimento, promettendo di sanarle. Invece incassava i soldi e spariva. I giudici della Suprema Corte hanno maturato la decisione dopo aver accertato la mancanza di alcune querele. Ieri, il faldone processuale che riguarda le sette persone è tornato all’udienza preliminare davanti al Gup Domenica Gambardella che è stata ricusata dall’avvocato Arturo Cola che assiste Giuseppe Catapano: una richiesta alla quale si sono associati anche gli altri imputati. Il giudice infatti aveva redatto dei provvedimenti di sequestro conservativo e quindi conosceva già, in parte, le carte processuali. Il magistrato si è astenuto, rimettendosi alla decisione del presidente del tribunale. L’udienza è stata rinviata al 23 maggio per decidere sulla ricusazione.

Ora bisognerà vedere se gli imputati sceglieranno di patteggiare le pene come già avvenuto, (come vorrebbero i pm Falcone e Tonon) oppure se aspettare l’arrivo del Catapano bis per unire le due inchieste in un unico processo. Gli imputati sono Giuseppe Catapano, 46 anni di Napoli, (aveva patteggiato 4 anni e 5 mesi), il fratello Carmine con il consulente aziendale napoletano Luca Montanino, 36 anni (entrambi 3 anni e 4 mesi); il responsabile commerciale della holding addetto al portafoglio clienti, il pisano Alessandro Cassioli 50 anni (3 anni e 9 mesi); il luogotenente di Catapano, Bruno Rizzieri, 47 anni di Castelvolturno (2 anni e 6 mesi); i “prestanome” Maria Rosaria Grippo, 43 anni, e Antonio Loffredo, 45, tutti e due di Mondragone (1 anno e 8 mesi per entrambi).

«L’accusa è che Giuseppe Catapano abbia offerto una consulenza ad aziende in difficoltà» ribadisce l’avvocato Arturo Cola «volta ad assicurare agli imprenditori la prosecuzione dell’attività di impresa mediante la costituzione di nuovi soggetti giuridici non indebitati. Catapano non è un camorrista e non ha mai avuto alcun collegamento con clan camorristici. Il processo riguarda solo reati societari e non vi è alcun fatto che riguarda la criminalità organizzata di stampo mafioso. Sul tema va chiarito che l’ipotesi di infiltrazioni camorristiche nel gruppo Catapano è stata esclusa con sentenza passata in giudicato dall’Autorità giudiziaria di Napoli, con sentenza del 22 dicembre 2011. Peraltro, siffatta ipotesi, si reggeva esclusivamente sulla parentela di uno dei collaboratori del Catapano con un esponente di un clan camorristico della provincia di Napoli».

Carlo Bellotto

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