Pensionato e volontario Surendra Narne va in India

di Renzo Mazzaro
È. appena partito per l'India, dove opererà gratuitamente per un mese pazienti tracheotomizzati. Sono persone alle quali l'intubazione prolungata ha lasciato una cicatrice che non si chiude. Un buco in gola, in poche parole. Lo fa tutti gli anni. Stavolta troverà ad aspettarlo anche un bambino afgano di 10 anni, ferito alla testa da un'esplosione. Il piccolo è sopravvissuto, ma la qualità della sua sopravvivenza è pessima. Per sette mesi ha girato gli ospedali dell'Afghanistan e del Pakistan, sempre intubato, finché a marzo di quest'anno una Ong tedesca si è resa disponibile per trasferirlo in Germania. Ma neanche i medici tedeschi sono riusciti a fare qualcosa ed è stato rispedito a casa. A forza di consultare specialisti, Emergency che l'ha in cura è approdata a Padova da Surendra Narne. «Se lo portate in India dove sto andando lo vedo, ma garantisco solo la visita», ha risposto Narne a Gino Strada. «Nell'ipotesi di un intervento bisognerà verificare la disponibilità di una sala operatoria e trovare le attrezzature».
Narne, medico padovano di origini indiana, oggi in pensione, opera in un ospedale pubblico di Vijyawada, un paese agricolo nello stato di Andhra Pradesh, nel centro dell'India. Una zona molto povera, dove c'è un ospedale con 800 posti letto costruito con offerte internazionali. Ci va ogni anno da volontario. È un mese da tour de force: la mattina in sala operatoria, il pomeriggio lezione agli studenti di medicina. «Gli ospedali indiani sono divisi in due categorie», spiega. «Le case di cura private, dove tutto ha un costo e trovi assistenza adeguata perché ci vanno a operare chirurghi americani, ma vogliono essere pagati. E gli ospedali governativi, dove la gente va per morire: l'assistenza è gratuita ma non ti danno niente, i medici non operano, i malati devono portarsi da casa perfino le medicine ».
A Vijyawada gli fanno trovare i pazienti. Narne verifica le loro condizioni e procede. Opera solo le stenosi della trachea. Questo intervento costerebbe 5000 euro, cifra impossibile per la gente del posto. È realizzato con la tecnica insegnata a tutti gli specialisti del mondo da Hermes Conrad Grillo, famoso chirurgo americano di Harward. Solo che Grillo non l'applicava a persone sotto i 25 chili di peso e gli 11 anni di età. Narne l'ha estesa con successo ai bambini e anche ai neonati. Grillo aveva una casa in Toscana, veniva a passare le vacanze in Italia e in Italia ha trovato la morte nel 2006, coinvolto in un incidente stradale vicino a Ravenna. In tasca aveva un numero di telefono: era quello di Narne. La polizia stradale chiamò lui per primo, gli toccò informare i parenti negli Stati Uniti.
Il mese che Narne passa in India è pieno di storie che lasciano a bocca aperta. Due anni fa era stato costretto a rifiutare l'intervento ad un ragazzino. Ma la madre non se ne andava. «Per tre giorni è rimasta seduta, a guardarmi. Le avevo spiegato: signora non posso operare suo figlio con il laser, bisogna aprire il collo e per farlo io qui non ho gli strumenti. No, diceva lei, mi devi aiutare. Piangeva e si disperava. Allora ho chiesto ai medici cos'era accaduto: la madre era solita sgridare il figlio e il bambino aveva tentato di uccidersi. Salvato a stento, ma segnato a vita e la madre si colpevolizzava. Mi sono detto che dovevo fare qualcosa. Ho preso il telefono e ho chiamato in Italia la Ethicon, una multinazionale che fornisce i nostri ospedali. Sentite, dico, sono in India e ho un caso umanitario: io opero gratis, aiutatemi ad avere uno strumento da Padova. Me l'hanno inviato gratis in 5 giorni dalla loro sede in India. Io opero, finito l'intervento tolgo via tutto, il bambino esce dalla sala operatoria che già parlava. Respirava da solo. Per precauzione lo tengo 24 ore in rianimazione e per quelle 24 ore dormo in ospedale, perché tutto può succedere. Ad un certo punto l'infermiera viene a chiamarmi: il bambino vuol parlare con lei. Io vado dentro: dimmi cosa c'è. Lui mi tocca con la mano destra e mi dice: che dio ti ha mandato qui? Da principio non capivo: gli indiani hanno una loro visione dell'universo, voleva sapere il nome della divinità mi aveva mandato per guarirlo. Piccolo, gli ho detto, il mio dio è anche il tuo, ce n'è uno solo».
Di bisturi invece no, ce ne sono diversi. Nel caso serviva quello a ultrasuoni, perché taglia e coagula immediatamente. Da volontario Narne ha cercato negli anni scorsi di avviare un rapporto continuativo con l'India. Ne è venuto fuori un progetto di collaborazione internazionale, finanziato con 972.350 euro, il 70% dell'Azienda ospedaliera di Padova e il 30% della Regione Veneto. Varato nel 2005 per la durata di tre anni, ha deluso Narne per la scarsa incidenza, le lungaggini burocratiche e un protagonismo mirato più che altro all'auto-pubblicità. Così continua da solo. «In questo paese sono nato, ci vive ancora mio fratello, sono legato a filo doppio a questa gente. Faccio tutta la patologia che serve, il paziente non deve avere necessità di controlli successivi perché glieli farebbero pagare».
Quattro anni fa nella lista aveva 36 bambini con labbro leporino. Ha chiesto al direttore di chirurgia plastica pediatrica di Padova, che dirige progetti di volontariato all'estero e coordinava anche quello in India, di accompagnarlo. La risposta ricevuta ha dell'incredibile: «Mi ha detto che non aveva mai operato. Allora ho telefonato a Milano, ad un chirurgo plastico molto bravo, Riccardo Mazzola. Si è comprato il biglietto, io l'ho ospitato in India e in 14 giorni ha operato 36 bambini con labbro leporino e palatoschisi. Gratis. È stato un successo enorme».
Quest'anno Narne porta in India a sue spese un container di mobili da ospedale, regalati dalla ditta Favero di Conegliano. Alla spedizione collabora il Lions Club Padova Certosa. È materiale nuovo, inutilizzabile perché residuo di forniture già consegnate. Quanti altri potrebbero fare la stessa cosa? Basta pensarci.
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