Prendono il diploma da ragionieri, mentre guidano il clan da Facebook

PADOVA. Studiavano molto, stavano ore davanti al computer. Pc attraverso cui, ufficialmente, dovevano studiare per l’esame di maturità. Un traguardo che hanno raggiunto pochi giorni fa. Secondo la Procura di Lecce però, l’intensa operosità informatica di alcuni detenuti del Due Palazzi nascondeva un’attività di stampo mafioso: Cataldo Catapano e Cristian Pepe, oltre all’attestato del Gramsci, hanno rimediato due avvisi di garanzia. Pepe, diplomato con un ottimo 82/100, è accusato di dirigere, utilizzando come base operativa il carcere di Padova, un’organizzazione di tipo mafioso, il clan della Sacra Corona Unita. Pepe, secondo l’accusa, si connetteva via internet, utilizzando i programmi più diversi, social network compresi, in particolare Facebook. A fronte dei sospetti, la Procura ha emesso un decreto di perquisizione nei confronti di Pepe, Catapano e di altri undici detenuti, eseguito dalla Squadra mobile di Padova. In carcere è permesso utilizzare il computer, che però non può essere connesso al web. Le porte Usb vengono chiuse, in modo che non possano essere inserite Internet key, collegamenti portatili alla rete. La Procura e la Direzione distrettuale antimafia sospettano però che i computer in dotazione agli indagati in realtà avessero occlusioni delle porte Usb taroccate, blocchi fasulli che permettevano di inserire chiavette con cui comunicare con l’esterno. Internet key che sarebbero state passate a Catapano da sua moglie, Lucia Labriola, durante i colloqui in carcere. La Squadra mobile ha perquisito nove celle, sequestrando sette pc. Hanno dato esito negativo invece i controlli effettuati nel cosiddetto magazzino detenuti e nella sala benessere. Oltre a Cataldo Catapano e Cristian Pepe, sono state perquisite le celle e i luoghi in cui hanno accesso i detenuti Emanuele Cataneo, Ivan Firenze, Carmelo Salemi, Mario Pace, Massimo Mello, Eros Murador, Maurizio Sanfilippo, Giuseppe Lapiccirella, Guglielmo Greco, Alfredo Guarnieri e Mario Colini. Questi ultimi, non indagati, secondo l’accusa risultano essere i “terzi” presso cui possono essere stati nascosti gli oggetti utilizzati dagli indagati per connettersi all’esterno. Dalle indagini è emerso che Catapano il computer non lo utilizzava solo per studiare, ma anche per chattare messaggi, ritenuti dalla magistratura una sorta di “pizzini 2.0”, frasi in codice con cui il capo dell’organizzazione malavitosa dà ordini all’esterno del carcere. Tutto il materiale sequestrato è stato inviato alla Polizia scientifica di Roma, che dovrà verificare chi abbia fatto il login dai computer e risalire a che tipo di chiavette Usb siano state inserite all’interno dei pc. Obiettivo, acquisire la prova dei contatti tra l’interno e l’esterno del carcere. Cataldo Catapano è al Due Palazzi perché coinvolto in una lunga storia di estorsione ai danni di imprenditori pugliesi. Pepe invece ha un passato da assassino e ora sta scontando una pena supplementare per essere evaso dal carcere di Foggia. I due quest’anno hanno trascorso giornate intere davanti al personal computer. La motivazione era più che nobile, dovevano studiare per conquistare il diploma. Ma secondo gli inquirenti quella frenesia nascondeva scopi ben meno ammirevoli, il controllo di un’associazione a delinquere.
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