Processo ai genitori della bimba affogata in piscina

BOVOLENTA. Due genitori straziati per la morte della loro figlioletta. Due genitori costretti a rivivere quel dolore già infinito, ora moltiplicato dalla possibilità di essere riconosciuti anche responsabili di quella perdita.
È il dramma che si consuma in un’aula del palazzo di giustizia di Padova. Davanti al giudice monocratico Laura Alcaro è iniziato il processo nei confronti di Banouhoun Samake, 34 anni (difensori i legali Francesco Rondello e Claudio Mazzoni), e della moglie Nana Traore, 32 (difesa solo dall’avvocato Rondello), entrambi originari del Mali e residenti a Piazzola sul Brenta, con Antonio Sorgato, 70 anni (avvocati Roberto Morachiello e Francesco Lava), proprietario dell’agriturismo Country House B&B villa Casa Country di Bovolenta ed ex sindaco del paese.
L’accusa per tutti e tre è di cooperazione in omicidio colposo: i genitori per aver omesso la sorveglianza; il titolare per non aver impedito agli ospiti l’accesso, volontario o involontario, nella piscina sguarnita di un servizio di vigilanza o di custodia.
Il 9 aprile 2016 annega la piccola Tina Korotini Samake, 2 anni e 4 mesi (era nata il 28 dicembre 2013) mentre si sta festeggiando un compleanno. Quella sera è organizzata una cena a buffet per una cinquantina di persone.
Tra loro, una quindicina di bambini che giocano correndo dentro e fuori. I coniugi Samake si sono suddivisi la custodia dei figli: la mamma bada alla piccolina di 4 mesi, il papà è impegnato con la più grandicella che, in un istante, vola via dagli occhi del genitore.
E accade l’impensabile: la piccina scivola dentro la vasca profonda neanche un metro. Eppure tanto basta a un bimbo di quell’età per morire. In aula sono stati sentiti sei testimoni.
Toccante il racconto di un ragazzo proveniente dall’Est Europa, invitato alla festa: era uscito a fumare una sigaretta e si era accorto del corpo della piccolina galleggiare. Senza pensarci un istante, il giovane ha spiegato di essersi tuffato per salvare la bimba, urlando per attirare l’attenzione e dare l’allarme. Tutti inutile, anche se Tina, appena tirata su, respirava ancora e “gorgogliava”.
Gli altri testimoni, pure invitati, hanno confermato che nessuno vigilava nell’area della piscina non recintata. E che, alla festa, c'erano tanti bambini: i piccoli entravano e uscivano dalla sala da pranzo perché la porta, affacciata all’esterno, si apriva con la fotocellula.
Per uscire, non serviva l’aiuto dei grandi. Infine è stato interrogato un carabiniere intervenuto sul posto. Presenti i genitori che hanno rivissuto il film di quell’incubo. Si tornerà in aula il prossimo 21 novembre per sentire i testimoni della difesa, poi la sentenza.
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