Promessa della boxe in manette per rapina

Botte e furti ai commercianti del Centro Ingrosso Cina, cinque arresti: nella batteria c’era anche Joscioal Millas
Joscioal Millas insieme all’anima della Boxe Piovese Gino Freo
Joscioal Millas insieme all’anima della Boxe Piovese Gino Freo

PADOVA.  Dai ring della boxe alle rapine ai commercianti del Centro Ingrosso Cina. Joscioal Millas si fa largo sempre e solo in un modo. A pugni. Ma mentre il suo allenatore Gino Freo lo stava per proiettare nel panorama pugilistico nazionale, questo nuovo corso rischia di farlo veleggiare in un’unica direzione: quella del carcere. È lui uno dei cinque violenti arrestati dai carabinieri di Piove di Sacco per la rapina messa a segno il 26 gennaio scorso in un’area di servizio in via Uruguay, dove un imprenditore cinese di 54 anni è stato prima riempito di botte e poi derubato.



L’aggressione

Tra tutti quei pugni ce n’erano alcuni che facevano più male degli altri, perché assestati bene, con precisione. In un frullatore di sberle e manate c’erano anche i colpi da ko di Joscioal Millas da Legnaro, 20 anni appena e già una fedina penale lunga così. C’erano con lui altri nomadi come Giorgio Caldaras, 29 anni di Candiana, Braian Hudorovic, 18 anni di Verona, c’era anche Marouen Latrech, nordafricano di 24 anni entrato a far parte della famiglia dei sinti di Legnaro. Nella comitiva c’era pure un ragazzino di 17 anni, nomade, ora rinchiuso in carcere minorile. Poco prima delle 19 di un freddo sabato sera accerchiarono rapidamente il cinese, commerciante del Centro Ingrosso Cina, mentre faceva benzina insieme a un collaboratore. Picchiarono entrambi a sangue (prognosi di 7 e 5 giorni), portandosi via 3.500 euro e quattro assegni bancari. La fuga su due auto.


L’indagine

Sono stati i carabinieri di Piove di Sacco ad avere la prima fruttuosa intuizione, sviluppando un’indagine che ha consentito di identificare uno a uno gli aggressori. Gli investigatori del capitano Enrico Zampolli sono partiti dalle immagini del sistema di videosorveglianza dell’area di servizio. E con le due targhe hanno ricomposto il puzzle. Gli investigatori piovesi, storicamente, hanno una specifica competenza nella conoscenza dell’ambiente legato a nomadi e giostrai. Conoscono le famiglie, le parentele, le dinamiche. Scattano le perquisizioni, nel corso delle quali i militari trovano tutti i riscontri del caso. Per i cinque scattano gli arresti e il conseguente trasferimento in carcere.

L’appello

Quello delle rapine ai commercianti cinesi è un fenomeno presente e preoccupante, specie a Padova dove c’è un polo commerciale vasto come il Centro Ingrosso Cina. Le forse dell’ordine a volte faticano, specie per la ritrosia degli appartenenti a quella comunità a sporgere denuncia. I carabinieri colgono quindi l’occasione dei cinque arresti per lanciare un appello: «Se qualcuno ha subito altre aggressioni, da questi o da altri soggetti, si faccia vivo in caserma».

Il fenomeno

Secondo quanto hanno potuto verificare gli investigatori di Zampolli la batteria di rapinatori presidiava l’area dell’ingrosso cinese di corso Stati Uniti in modo quasi compulsivo. «Giravano in macchina nel parcheggio interno a caccia di qualcuno da seguire e rapinare», confessa un investigatore. Capita in quel polo commerciale che i titolari degli stand, una volta raggiunta una quota considerevole di incassi, escano per andare a depositare i soldi da qualche parte. I nomadi dediti alle rapine lo sanno, così come sanno che quella etnia non sempre si affida a polizia o carabinieri. Tutt’altro.

Il sospetto generale è che i casi come quello intercettato il 26 gennaio scorso in via Uruguay siano molto più numerosi di quelli che entrano nelle griglie annuali del Ministero.

Ecco perché il comando provinciale diretto dal colonnello Oreste Liporace ora vuole porre particolare attenzione. 


 

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