Quarantena in Messico per la varicella

PADOVA. Condannati alla quarantena in Messico a causa della varicella del figlioletto di un anno e mezzo. In alternativa, rientro a casa nel giro di due giorni con il pagamento di un biglietto aereo da 2 mila euro a testa.
Quello vissuto da Simone Galdiolo e della moglie Stefania è uno di quei fuori programma che rischiano di rovinare l’intera vacanza.
Organizzare un viaggio significa fare lo slalom tra gli impegni di lavoro, tanto più se si parla di dodici giorni in Messico con volo intercontinentale. Pensare di fermarsi altri quaranta giorni per attendere che se ne vadano le pustole, è follia pura. «Siamo stati colti di sorpresa dalla malattia del nostro bambino e da quel momento è iniziata la nostra odissea» racconta Simone, cantante della cover band Tributo Italiano.
Soggiorno dal 1 al 12 gennaio, base a Cancun e tour dello Yucatan. Primo viaggione con il bambino al seguito. Tutto è filato al meglio, fino al decimo giorno, quando sul visetto del piccolino è comparso un puntino rosso. Il giorno successivo i “puntini” erano decine. Varicella.
«Ho intuito la malparata e sono corso in aeroporto a chiedere informazioni, del resto il nostro bambino aveva il visetto pieno di pustole» racconta Simone. «Lì ci hanno detto che non avrebbero consentito l’imbarco ma che ci avrebbero sistemato sul primo volo disponibile senza costi aggiuntivi. Da quel momento in poi è iniziata la nostra odissea».
La compagnia aerea in questione è la Iberia, che però in quel caso appoggiava alla messicana Interjet. Marito e moglie hanno seguito meticolosamente tutti i protocolli previsti, con le visite mediche e i certificati da presentare.
«Il medico stesso ci ha detto che il bambino non era più infettivo ma non c’è stato nulla da fare. Non siamo potuti salire sull’aereo prenotato per il 12 gennaio».
Dopo decine di telefonate, richieste di informazioni, email al servizio clienti, Simone e Stefania hanno avuto le prime indicazioni. Cambio volo con cambio tariffa a un costo complessivo di 4 mila euro. L’alternativa: rimanere in Messico altri 40 giorni, fino all’8 febbraio. Casi di questo tipo sono disciplinati da una normativa molto precisa. È il “Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento Europeo”, scandito in sette pagine nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
«L’ho studiata attentamente ed è previsto il rimborso del volo oppure l’imbarco nel primo volo disponibile» spiega Simone Galdiolo.
«È un diritto del passeggero decidere quale strada percorrere e la compagnia si deve accollare i tempi di permanenza. Per noi, purtroppo, è stata scelta una terza via che non è indicata da nessuna parte. La compagnia aerea è sparita e non ci ha dato alcuna indicazione utile. Noi siamo dovuti rimanere una settimana in più e siamo riusciti a imbarcarci solo grazie a una compagnia italiana con un costo complessivo di 600 euro. Appena siamo tornati in Italia ho mandato un reclamo ufficiale e la Iberia, senza chiederci nulla, ha rimborsato il primo biglietto. Ma non era questo che chiedevamo. Avevamo bisogno innanzitutto di assistenza in quei giorni e poi di tornare alla data stabilita. A causa di questo imprevisto ho dovuto rinunciare a impegni di lavoro già fissati da tempo».
Rabbia e amarezza si sono trasformati in un contenzioso che non si è ancora risolto. «Siamo stati danneggiati e vogliamo che vengano riconosciuti i nostri diritti di viaggiatori».
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