Riso, pasta e pollo in abbondanza «Ecco cosa mangiano i profughi»

ESTE. Riso al pomodoro, chele di granchio, un tris di piselli, carote e patate e delle frutta. Porzioni abbondanti, cibo ben cotto, pane e acqua senza limiti. È questo il pranzo offerto ieri dalla cooperativa “Ecofficina” alla stampa che, dopo la protesta plateale di lunedì scorso da parte di alcuni ospiti, chiedeva spiegazioni in merito alle lamentele dei profughi sistemati al Manfredini di Este.
Il pasto concesso ai media era lo stesso che, da lì a pochi minuti, sarebbe toccato ai quaranta migranti di stanza nell’istituto salesiano. Un pasto simile a quello di qualsiasi altro giorno, assicura la cooperativa di Battaglia Terme che in giro per il Veneto gestisce almeno altri otto centri per profughi, tra cui anche l’ex caserma Prandina in pieno centro a Padova dove è stata allestita una tendopoli di prima accoglienza. «Il cibo viene preparato dalla cooperativa “Riesco” ed è cotto a Monselice oppure a Saccolongo, anche da un cuoco africano» spiega Gaeatano Battocchio, vicepresidente di Ecofficina: «Cerchiamo di proporre cibi consoni alle abitudini dei nostri ospiti, avvezzi per esempio a mangiare piatti meno salati dei nostri, pane morbido, pietanze senza funghi o maiale. Vanno matti per il riso e il pollo, per i fritti e per la frutta, per le spezie e il peperoncino in particolare, e solo pochissimi mangiano piatti come il cous cous. Non hanno la tradizione delle diverse portate e spesso riuniscono tutti i piatti in un unico pastone».
“Ecofficina” assicura, e il pranzo di ieri ne è conferma (anche se il blitz della stampa era annunciato): la qualità è buona, la varietà pure. Certo, non siamo in uno stellato Michelin ma esistono mense aziendali e scolastiche ben più desolanti. «In fatto di quantità, poi, questi ragazzi mangiano porzioni clamorose» mostra, bolle alla mano, Battocchio: «Si parla di 230 grammi di pasta oppure riso (il peso è inteso a cottura avvenuta): oggi siamo in 43 e tra pranzo e cena abbiamo ordinato 10 chili di riso pilaf e altri 10 di penne. Al di là delle porzioni, i nostri ospiti hanno una colazione – latte, pane, marmellata e crema di nocciole – e la possibilità di fare uno spuntino durante il giorno con pane e frutta».
Il responsabile della cooperativa spiega in dettaglio anche la questione dei soldi, che tante polemiche ha suscitato sinora: «Ognuno di loro ha diritto al pocket money di 2,50 euro al giorno, che può essere utilizzato anche per togliersi eventuali sfizi alimentari».
In sala mensa, dove è presente un erogatore di acqua fresca e una televisione, i ragazzi ospiti sono autonomi nel servirsi e nel provvedere alla pulizia dei tavoli, mentre la manipolazione del cibo è affidata ad un’operatrice.
Eppure lunedì mattina 19 di questi migranti protestavano, tra le altre cose, per il cibo poco soddisfacente servito a tavola: «L’alimentazione era un pretesto» è sicuro Battocchio «La protesta è stata animata da tre ospiti difficili in ansia per l’attribuzione del permesso. Tre elementi che, giustamente, sono stati allontanati, e che hanno coinvolto altri compagni a mio dire inconsapevoli del perché di quella mobilitazione».
Chiude Gaetano Battocchio: «Quell’episodio è stato comunque un sintomo da non trascurare: già da martedì i ragazzi ospiti a Este sono stati ascoltati da una psicologa. Non è facile nemmeno per noi comprendere fino in fondo le esigenze di queste persone». Le rassicurazioni di Ecofficina si contrappongono a quelle dei “dissidenti” scesi in strada lunedì, che lamentavano in particolare porzioni modeste di cibo, un calo nella qualità da quando la preparazione dei pasti era passata dall’istituto alberghiero del Manfredini alla coop esterna di Saccolongo.
La protesta dei profughi ha provocato il durissimo commento del governatore Zaia: «Chi scappa dalla fame non getta il cibo per terra. Chi fugge dalle carestie ringrazia se una mano compassionevole gli allunga un pezzo di pane. Questa è gente che va rimandata a casa, senza se e senza ma, per fare posto a chi ha davvero bisogno. Gettare il cibo a terra è qualcosa che suscita orrore per giunta in una terra come il Veneto, che sa cosa sono le privazioni e la fame. Il cibo nelle famiglie venete è sacro. Non sprecarlo è la prima cosa che ci hanno insegnato. Provo rabbia e disgusto a vederlo gettato in strada».
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