Rivive il genio poetico di Milosz
Tre giorni di incontri per il centenario della nascita

Il premio Nobel Czeslaw Milosz
VENEZIA.
A Venezia, nell'ambito del Festival di Poesia «Incroci di Civiltà», tre giorni dedicati alla celebrazione del centenario della nascita del premio Nobel polacco Czeslaw Milosz, morto nel 2004. Dal 13 al 15 aprile l'Istituto Polacco di Roma dedicherà incontri e riflessioni sulla figura di uno dei giganti della letteratura del XX secolo. Sono invitati poeti e critici italiani e polacchi, professori e studenti di polonistica. Czeslaw Milosz, autore di numerosi libri e importanti saggi, quali «La mente prigioniera» (1981) e «La mia Europa» (1995), è stato «uno dei più grandi poeti del nostro tempo e forse il più grande», secondo Josif Brodskij, a cui dobbiamo la prima edizione di poesie di Milosz in Italia (Adelphi, 1983). Nato nel 1911 in Lituania, a Vilna, che lui stesso definisce «il bastione del barocco italiano più avanzato a nord», esule dalla Polonia dal 1951, nella sua lunga vita è stato testimone degli eventi più notevoli del ventesimo secolo. A cominciare dalla Prima Guerra Mondiale che vide con occhi di bambino, la rivoluzione russa e le tentazioni ideologiche e politiche degli anni Venti e Trenta, l'infernale Olocausto che alla Polonia riservò un tristissimo primato di sofferenze, la lotta ai due totalitarismi, il regime nazista e quello sovietico. Finita la Seconda Guerra Mondiale, il lavoro di diplomatico portò Milosz prima a Washington e poi a Parigi, ma egli, sempre più cosciente dell'inconciliabilità tra le proprie convinzioni e la realtà dello stalinismo, nel 1950 chiese asilo politico in Francia. Dall'Europa l'esilio lo fece infine approdare nel 1960 negli Stati Uniti, a Berkeley, in California, dove divenne professore di lingue slave. Testimone della nascita del movimento hippy, da lontano assistette al miracolo di Solidarnosh in Polonia e alla caduta dell'impero sovietico e del muro di Berlino. In 93 anni di vita incontrò personaggi come Einstein e Eliot, Albert Camus, Josif Brodskij, Susan Sontag, Lech Walesa, Giovanni Paolo II. Gran parte della sua opera è costruita sulla critica, sulla resistenza, sulla rivolta, sul disprezzo del conformismo e del consumismo. Uomo dalle facili reazioni, si dibattè tra il lavoro eseguito con dedizione maniacale e l'ansia di portare dentro di sè il tarlo della depressione che aveva colpito qualche componente della sua famiglia. Allora si rifugiava nella scrittura, nei romanzi, nei saggi e nella poesia. Anche se la tentazione dell'alcool si faceva sentire, nel complesso riuscì a tenerla abbastanza a bada. Definitivamente esule, cosciente di aver perso i luoghi e gli affetti più cari, in crisi con la propria identità e con la capacità di comunicare, come atto di fedeltà a se stesso si aggrappa alle due uniche sicurezze, la propria cultura e la propria lingua, per non venire risucchiato tra i flutti dell'estraneità e dello sradicamento.
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