Sabrina, la guerriera, si è arresa al male È morta in attesa di rientrare in Italia

“Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero”. Recita così un antico detto giapponese che esalta le qualità della pianta più amata nel paese del Sol Levante e quelle di una figura tradizionale e millenaria, il guerriero. Sabrina Bullaro, 38 anni, che posa sorridente tra questi fiori delicati e bellissimi in uno dei primi scatti a Tokyo, era una guerriera. Era perché nella notte tra sabato e domenica ha smesso di lottare contro la battaglia fronteggiata per tutta la vita: quella contro la fibrosi cistica, malattia genetica che colpisce polmoni e intestino. Sarebbe dovuta rientrare in Italia con un volo di Stato partito venerdì da Roma, ma purtroppo le sue condizioni si sono aggravate.
«Ha avuto un arresto cardiocircolatorio e non ce l’ha fatta», riferisce il fratello Giuseppe, che insieme al resto della famiglia in queste ultime settimane ha fatto di tutto per riportarla a casa. «L’ultima videochiamata l’abbiamo fatta venerdì sera. L’ho vista subito male. Non parlava, non mangiava e non beveva, mi faceva “no” con la testa, era sfinita».
Giuseppe, che con Sabrina aveva un legame speciale, ha capito subito che non c’era più nulla da fare. «Per tutta la giornata ho avuto una brutta sensazione, che mi sono tenuto per me, purtroppo era fondata». La giovane dopo venerdì non ha più risposto al telefono. «Il console, che ringraziamo infinitamente per tutto quello che ha fatto insieme all’europarlamentare Paolo Borchia, ci ha avvisati questa mattina (ieri per chi legge, ndr). Prima ci ha detto che era peggiorata e che avrebbero dovuto intubarla, poi ci ha richiamato dandoci la brutta notizia».
Sabrina era partita per Tokyo a ottobre e avrebbe dovuto trascorrere nella metropoli un anno per studiare la lingua e la cultura giapponese. A metà maggio si è sentita male. È svenuta nell’appartamento che condivideva con alcuni coinquilini, è stata soccorsa e ricoverata all’ospedale, dove i medici le hanno diagnosticato una brutta polmonite, complicanza piuttosto comune della fibrosi cistica.
«Nonostante lei non fosse partita da sprovveduta, ma si fosse informata e preparata per un anno prima di intraprendere il viaggio, abbiamo capito che i medici non erano preparati ad affrontare questa patologia». Sabrina è peggiorata sempre di più, ha perso 11 chili, faceva fatica respirare ed era anche molto abbattuta moralmente. A complicare la situazione l’emergenza Coronavirus. «Non ha potuto tornare con un volo di linea quando stava ancora abbastanza bene, perché tutti i voli erano bloccati ed è stato difficile poi avere l’ok per il volo di Stato. Neppure noi siamo potuti andare là». I lunghi tempi burocratici non hanno aiutato. «Non dico che l’epilogo sarebbe stato diverso, ma se l’ok alla partenza del volo fosse arrivato prima saremmo riusciti a salutarla di persona. Quei 6 giorni di attesa della firma del premier Conte pesano». Sabrina, con la forza e il coraggio, dimostrati fin dalla nascita, è riuscita a realizzare il suo più grande sogno, vivere un periodo della sua vita in Giappone. «Quando è nata ha dovuto subito affrontare delle operazioni e sconfiggere complicanze insorte a causa della malattia. Dall’incubatrice ha afferrato il dito di papà e insieme la vita che non ha mai mollato. Aveva un’energia incredibile». Non si è mai limitata, ha sempre vissuto al massimo. «Ha giocato fino ai 25 anni a pallavolo con la polisportiva Montà, poi si era data al karate e quindi al Katori, una disciplina giapponese. Amava le moto. Andavamo a correre insieme, io e lei, in pista con le nostre Kawasaki Ninja. Era un vulcano, non si tirava mai indietro, ho imparato tanto da lei». In queste ore la famiglia attende di sapere quando la riporteranno in Italia, per poterla salutare per l’ultima volta. Sabrina, bella e delicata come il fiore di ciliegio, che ancora nel pieno della sua bellezza si stacca dai peduncoli e preso dal vento cade. «Spero che adesso sia libera di respirare a pieni polmoni». —
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