Scrive di un arresto scatta la gogna social contro la giornalista

Presa di mira dagli haters la nostra collaboratrice  Silvia Bergamin presenterà querela domani, nella giornata della Festa della donna

CITTADELLA

Attacco sessista alla giornalista mentre svolge il suo lavoro esercitando il diritto-dovere di cronaca. La violenza contro le donne passa anche attraverso questo. Attraverso i commenti più o meno espliciti che invadono i social e l’indifferenza che trovano.

Anzi. L’aggressione verbale di genere spesso diventa accettazione passiva se è rivolta a una giornalista donna. Ed è quello che è accaduto venerdì alla collega Silvia Bergamin nella pagina Facebook “Sei di Cittadella se” che conta 12.754 iscritti.

Una sessantina di commenti volgari e allusioni, in pochi minuti, riferiti al racconto di un fatto di cronaca: l’arresto di un trentenne per possesso di stupefacenti. Una gogna social per aver svolto il suo dovere di cronista. Ora tutti quei commenti saranno oggetto di una querela che verrà formalizzata domani, giornata della Festa della Donna, perché al di là di un fiore da regalare una volta l’anno c’è una mentalità sessista che va abbattuta. «Confesso che una cosa del genere» dichiara piuttosto scossa Bergamin «non me la sarei mai aspettata. Il nostro mestiere espone, può creare dei malumori, ma quello che più ferisce è la natura discriminatoria di questa aggressione perché sono donna. Ho riportato di un arresto dei carabinieri, un fatto vero: esiste il diritto di informare e essere informati. Ringrazio soprattutto le colleghe per la solidarietà ricevuta in queste ore: mi hanno raccontato troppi episodi di una vita professionale segnata da aggressioni e allusioni. Perché noi non possiamo mai semplicemente fare il nostro lavoro, perché c’è sempre una scrivania sotto la quale siamo andate. In questi 18 anni di giornalismo gli atteggiamenti sessisti sono diventati un brusìo di fondo con cui mi sembrava necessario convivere, così come mi sembrava fisiologico cedere alla denigrazione sistematica su Facebook. Ma sbagliavo. Le cose vanno chiamate con il loro nome agendo di conseguenza. Dovessi ricevere un risarcimento, tutto andrà al Centro Antiviolenza di Padova».

Il Sindacato dei giornalisti del Veneto e l’Assostampa padovana, oltre a esprimere piena solidarietà alla giornalista, hanno annunciato che saranno al fianco nelle iniziative che deciderà di intraprendere, a cominciare dalla denuncia per diffamazione.

«Azioni del genere» sostiene il Sindacato dei giornalisti del Veneto «non vanno sottovalutate né ignorate né banalizzate: serve reagire in maniera forte e decisa contro questi conigli da tastiera che non trovano di meglio che apostrofare la collega con epiteti da meretricio».

«A poche ore dalla celebrazione della giornata della donna», afferma il comitato di redazione de il Mattino di Padova, la Nuova di Venezia e Mestre, la Tribuna di Treviso e Corriere delle Alpi «dobbiamo stringerci attorno alla collega Silvia Bergamin, finita sotto attacco con epiteti inaccettabili. Apprezziamo l’azione dell’amministratore del gruppo, che appena informato, ha cancellato le offese sessiste. Ma non ci basta. La libertà è troppo spesso sotto attacco, quella di stampa prima tra tutte. Il mestiere del giornalista può certo essere criticato ma sono intollerabili le offese sessiste che alimentano una macchina del fango che vorrebbe le donne solo meretrici che si vendono in cambio di qualcosa: una notizia, una carriera, uno stipendio. Nel nostro mestiere siamo abituati a denunciare questi casi; vale per le colleghe e per quelle donne che domani avranno bisogno di una redazione che le aiuti ad affrontare gogne, offese, violenze. Vale per tutti, donne e uomini, vittime di bulli, violenti, preconcetti, razzismo e omofobia».

Solidarietà arriva anche da Assostampa Padova che attraverso il presidente Stefano Edel garantisce il totale appoggio nelle azioni legali: «Purtroppo, non è la prima volta che registriamo come il lavoro delle giornaliste sia bersaglio di provocazioni che non possiamo più accettare come categoria, all’unisono. Chi fa il proprio mestiere in modo corretto, a prescindere dal sesso, va difeso e protetto senza “se” né “ma”, per evitare che sui social si scateni una gogna assurda». —

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