Sull’area c’è un paleo-alveo «Possibili reperti archeologici»
L’area del nuovo ospedale a San Lazzaro ha un potenziale archeologico “medio”. Si è conclusa con questo esito la Verifica preventiva dell’interesse archeologico, parte dello studio di pre-fattibilità del complesso destinato a cambiare il volto della zona est della città.
LA PRESENZA DEL PALEO-ALVEO
Lo studio, effettuato da Archeo Ed Srl, ha seguito due direttrici: un’analisi idrogeologica e un approfondimento storico-archeologico necessario per valutare le possibilità che nel sottosuolo si trovino reperti e manufatti, ed eventualmente di che tipo e di che importanza. «L’analisi condotta per questa Verifica preventiva dell’interesse archeologico consente di dire che il progetto si sviluppa in un’area storicamente instabile dal punto di vista idraulico, il cui sfruttamento è stato fortemente influenzato dalle divagazioni del fiume Brenta – si legge nella relazione presentata da Archeo Ed – Dal reticolo idrografico minore e dalla disposizione dei campi si evidenzia che l’area del nuovo ospedale ricade in una fascia parallela al Brenta e che potrebbe essere stata oggetto di interferenza con un paleoalveo».
L’area – rileva lo studio – è stata per secoli soggetta a frequenti inondazioni: «È possibile – quindi – che siti archeologici possano essere stati sepolti al di sotto di eventi alluvionali, così come documentato in altre aree nella zona nord di Padova dove, in particolare i siti di epoca romana, si trovano al di sotto delle alluvioni del Brenta anche di alcuni metri».
RISCHIO DI RINVENIMENTI FUNERARI
Lo studio storico-cartografico non ha rilevato grandi possibilità di imbattersi in siti archeologici di primissimo interesse culturale, ma un minimo di attenzione rimane: «La posizione fra l’area del nucleo urbano di Padova e l’agro centuriato a nord-est, nonché i recenti ritrovamenti posti lungo la riva sinistra del fiume che mostrano lo sfruttamento territoriale di periodo romano – conclude lo studio – fanno ritenere medio il potenziale archeologico dell’area. In particolare si ritiene possibile che l’area possa essere stata sfruttata a scopo funerario: la forte instabilità idraulica potrebbe aver obliterato gli eventuali livelli di frequentazione sotto a spessi livelli alluvionali».
Non solo: «La sovrapposizione dell’area oggetto di indagine alla cartografia storica mostra che il progetto si sovrappone ad alcune “case coloniche” e a diversi campi definiti nei mappali ottocenteschi “Aratorio arborato vitato”». I tecnici suggeriscono di effettuare dei carotaggi con lettura geo-archeologica, e solo in seguito delle trincee preventive per accertare la presenza dei resti delle case coloniali.
La Soprintendenza comunque ha deciso che non serviranno ulteriori approfondimenti nella Valutazione di impatto ambientale dal punto di vista archeologico, se non per la necessità durante i lavori di «un’assistenza archeologica continuativa, condotta da professionisti». —
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