Tam tam sul web per i due velisti dispersi da un mese

L’appello dei familiari a continuare le ricerche nell’Atlantico Gli amici organizzano fiaccolate per non abbandonarli in mare

BOVOLENTA. Un mese di attesa e di speranza per Antonio Voinea e Aldo Revello, i due velisti dispersi nell’Atlantico al largo delle isole Azzorre. Da un mese i familiari del cuoco marinaio di 31 anni originario di Bovolenta e dello skipper spezzino di 53 vivono aggrappati all’idea che i loro cari possano aver trovato riparo su una zattera d’emergenza alla deriva. Le ricerche dei primi giorni, riprese dopo un’inspiegabile interruzione a 48 ore dalla scomparsa, hanno dato esito negativo ma i parenti dei due dispersi non si danno per vinti, sostenuti da una imponente mobilitazione popolare. “Troviamo Aldo e Antonio” è la parola d’ordine che circola sul web, nel tam tam dei social di appassionati di vela, nei porti tra Portogallo, Marocco e Azzorre, nei club di vela, negli eventi in tv e allo stadio. «Non ci arrendiamo», affermano i familiari dei due velisti.

L’ansia a Bovolenta. «E’ dura ma non ci diamo per vinti» racconta Alice Volinea, sorella di Antonio «da un mese viviamo nell’angoscia e nella speranza, aggrappati a qualsiasi notizia. Ringrazio anche a nome dei miei genitori le centinaia di persone che ci manifestano affetto e solidarietà». Intanto ieri a Lanzo Torinese si è svolta la prima fiaccolata per i due dispersi, una seconda domani a La Spezia.

Il naufragio. L’ultimo segnale dal “Bright” la barca a vela di Aldo Revello con la quale i due skipper avevano quasi ultimato la traversata dai Carabi, è del 2 maggio, quando alle 13.48 si attiva l’Epirb, il trasmettitore di soccorso, grande come un telefonino, che emette segnali sulle frequenze di emergenza fornendo ai centri di soccorso le coordinate dell’ultima posizione. Il dispositivo funziona per un minuto e mezzo, poi cala il silenzio. Da allora di Aldo e Antonio non si hanno più notizie. Su cosa sia successo si possono fare solo ipotesi, in mancanza del ritrovamento del relitto della barca o anche di alcune parti. Secondo gli esperti potrebbe essersi verificato un cedimento strutturale o la collisione con un grosso oggetto galleggiante come uno dei tanti container caduti dalle navi. Più improbabile la collisione con un’altra imbarcazione.

Le ricerche e gli appelli. I primi a cercarli sono i portoghesi con una flotta supportata da un elicottero. Dopo due giorni, però, smettono, salvo poi riprendere le ricerche all’indomani con il supporto della nave “Alpino” della Marina militare italiana. «Aldo e Antonio sono due marinai esperti» ripetono ogni giorno i familiari «e sicuramente hanno avuto il tempo per gettare in mare la zattera di salvataggio, dove c’è cibo per sopravvivere parecchi giorni». Ecco allora i racconti di chi ce l’ha fatta, come Ambrogio Fogar, ritrovato dopo 74 giorni alla deriva. Dopo alcuni giorni senza avvistamenti le ricerche vengono sospese. Da allora gli appelli e le iniziative per i due dispersi si sono moltiplicati, è stata avviata anche una raccolta di fondi per finanziare la ripresa delle ricerche, magari servendosi dei satelliti o altre tecnologie. Anche i ricercatori del Cnr si sono mobilitati e hanno fornito i calcoli sulla possibile traiettoria della deriva. «Non è escluso» afferma Rosa Cilano, moglie dello skipper spezzino «che la scialuppa venga agganciata dalle correnti dirette verso i Caraibi e quindi torni indietro, prima o poi dovrà toccare terra. Stiamo cercando di convincere il governo a scandagliare la zona del naufragio per avere la certezza che il Bright sia affondato».

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