Vincolo sul Catajo per il no al centro commerciale di Due Carrare, soprintendenti denunciati

DUE CARRARE. Centodieci milioni di investimento per il centro commerciale «più bello del Veneto» e che con una dote di mille posti di lavoro prometteva di dare una scossa all’economia depressa della Bassa. Il progetto di Deda probabilmente non vedrà mai la luce.
Ma la vicenda che ha portato al suo stop, prima con l’imposizione di un inedito vincolo indiretto sull’area ad aprile del 2018 e poi con il fallimento della società proprietaria dei terreni di via Mincana, a Due Carrare, è tutt’altro che chiusa.
I Cetera, soci di maggioranza della società che il tribunale ha dichiarato fallita lo scorso 3 novembre, sono convinti di aver subito un esproprio dallo Stato, confidano che il curatore fallimentare attenda il pronunciamento del Consiglio di Stato sulla legittimità del vincolo per valutare il danno reale.
E, dopo aver denunciato a più riprese passaggi anomali nell’iter autorizzativo, alcuni mesi fa Leonardo Antonio Cetera, assistito dall’avvocato Luigi Ravagnan (già parte civile per il Comune di Venezia nel processo Mose) ha presentato un duro esposto alla Procura di Venezia contro la Commissione regionale per il patrimonio culturale che ha emesso il vincolo, denunciando per falso ideologico, falsificazione di documenti e abuso d’ufficio alcuni componenti della commissione e alcuni funzionari.
Quindici ettari appena fuori dall’autostrada A13: è il tesoro della Deda srl. Un terreno la cui destinazione commerciale risale ai primi anni Novanta e che il Consiglio di Stato conferma nel 2006. Due anni dopo la Deda torna a farsi avanti per costruire un centro commerciale da 48 mila metri quadri su un unico piano. In paese si accendono le contestazioni.
Nel 2009 il Comune inserisce nel piano regolatore la previsione di una grande struttura di vendita. Ma il progetto si ferma perché troppo dispendioso. Nel 2015 lo stop sembra definitivo. A giugno di due anni dopo, invece, la Deda rilancia forte del sostegno del fondo Devar Claims del gruppo Värde di Minneapolis. Ambientalisti, associazioni di commercianti, comitati si mobilitano. Ma Deda e Comune siglano l’accordo di programma.
Firmato dal prestigioso studio L35 di Barcellona, il progetto del nuovo centro commerciale si estende su 33 mila metri quadrati, ma su due piani. L’altezza dell’edificio (lungo 300 metri) è di 12 metri con un terrapieno a mitigarne l’impatto. Si prevedono cento negozi.
La storia cambia quando la Soprintendenza valuta il progetto e a dicembre del 2017 propone di apporre sull’area intorno al castello del Catajo un vincolo indiretto, riconoscendo che «l’area costituisce una cornice ambientale (...) in relazione visuale e prospettica inscindibile con il castello e ne costituisce il contesto concorrendo a determinare il carattere di eccezionalità». Il 18 aprile dell’anno dopo, la Commissione regionale per i Beni Culturali, approva il vincolo. Deda annuncia il ricorso al Tar e fra il 20 aprile e il 31 maggio chiede e ottiene sei accessi agli atti nelle varie Soprintendenze.
Il Tar del Veneto si pronuncia il 28 febbraio 2019 con parere negativo. All’udienza però – altra anomalia – l’Avvocatura dello Stato è assente. Leonardo Antonio Cetera attacca («Assenza anomala») e anticipa: «Contro le irregolarità e le violazioni di legge che abbiamo riscontrato, perseguiremo i responsabili nelle sedi opportune». L’11 luglio Deda ricorre al Consiglio di Stato, l’udienza è fissata per l’8 giugno 2021. Ma nel frattempo la Deda fallisce.
Il 6 luglio 2019 il Fondo Värde comunica di aver raggiunto con Deda un accordo per il passaggio di proprietà dei terreni di Due Carrare e annuncia un rilancio del progetto. I Cetera però non sono al corrente del comunicato e smentiscono il cambio di proprietà. Tutto è fermo, in attesa del Consiglio di Stato. Ma il 3 novembre 2020 il tribunale dichiara fallita la Deda srl. I bilanci sono in sofferenza dopo il vincolo, perché il terreno, declassato da commerciale ad agricolo, ha visto il suo valore passare da 21 milioni a 700 mila euro. E però nessun creditore, nemmeno il Fondo, si era mai fatto avanti.
È una delle tante anomalie in questa storia. Contro la sentenza di fallimento i Cetera annunciano l’intenzione di fare ricorso. Il fallimento però solleva nuovi dubbi sulla sorte dei terreni. L’area di via Mincana è ancora di proprietà di Deda e quindi sarà il curatore fallimentare a decidere se mantenere in piedi il ricorso al Consiglio di Stato per verificarne il reale valore. E se fosse riconosciuta l’illegittimità del vincolo, il terreno tornerebbe al suo valore commerciale, 21 milioni, rimettendo in discussione tante cose.
Ma un nuovo fronte della battaglia legale si apre ora sul fronte penale, per effetto della denuncia presentata al Tribunale di Venezia. La convinzione di Leonardo Antonio Cetera è che il vincolo non sia stato approvato per difendere il contesto ambientale e il castello, che dista un chilometro ed era già tutelato, ma per fermare il centro commerciale. Lo dimostrerebbero le anomalie riscontrate dall’accesso agli atti. A giorni il gip dovrebbe prendere una decisione. —
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