Allevi: «Fuggito per ritrovare la mia musica»

VENEZIA. Giovanni Allevi al pianoforte con gli archi dell’Orchestra Sinfonica Italiana si esibirà, giovedì 15 marzo alle 21 al Teatro Goldoni di Venezia nell’ambito di “Equilibrium Tour”, all’interno della rassegna “Dal Vivo”, organizzata da Teatro Stabile del Veneto e Veneto Jazz.
Allevi, cosa ci può anticipare del concerto?
«Eseguirò i brani di “Equilibrium” per piano solo circondato dal talento di un gruppo selezionato di archi dell’Orchestra Sinfonica Italiana. Proverò una grande emozione a suonare nella città di Antonio Vivaldi».
Eseguirà anche brani del passato?
«Alcune inedite versioni dei miei brani più amati, orchestrati per pianoforte ed archi. Non mancherà il “Te Deum” di Charpentier nella divertentissima alternanza tra barocco e funky. È il momento in cui tutti finalmente perdiamo l’equilibrio».
Come è nata la collaborazione con il grande pianista Jeffrey Biegel?
«Ha conosciuto la mia musica attraverso uno spartito di un suo allievo e quindi mi ha scritto una mail. Io gli risposto che avrei scritto un concerto per piano e orchestra per lui. E lui poi l’ha inciso per “Equilibrium”. Ho la sensazione che la musica trovi da sola le sue strade».
Ha scritto il “Concerto per pianoforte ed orchestra n.1” in un’isola deserta dell’Atlantico?
«Sì, l’ho composto tutto nella mente, mentre correvo. Poi a casa scrivevo di getto al computer quanto avevo immaginato. Solo il secondo movimento, l’adagio, mi ha richiesto mesi per essere terminato».
È stato mesi da solo in un’isola per cercare l’equilibrio?
«È stato necessario. Subissato da mille pressioni esterne, ansia e agitazione da social, ho deciso che dovevo immergermi nell’isolamento, per ricominciare a sentire la mia voce interiore e recuperare un diverso senso dello scorrere del tempo».
Una parte dei brani di “Equilibrium” li ha scritti al buio, dopo l’operazione alla retina?
«Sì. La vista non è mai stata il mio senso prediletto perché assai vicina alla conoscenza razionale. Quando il destino mi ha portato al restringimento del campo visivo in Giappone, ho subito percepito un grande spazio mentale attorno e dentro di me, dove la musica ha potuto muoversi con maggiore libertà».
“No words” l’ha scritta ad Ascoli, il giorno dopo il terremoto del 2016.
«Quella notte sono stato fortunato ma centinaia di persone hanno perso tutto: i familiari, le case e il lavoro. È la gente della mia terra e il minimo che possa fare è mantenere l’attenzione sulla loro drammatica condizione».
Come ha vissuto le critiche alla sua musica?
«Ho attraversato gli anni della critica feroce a testa bassa, curvo sulla partitura, continuando a comporre senza farmi intimidire. Oggi ricevo un’inaspettata apertura dal mondo accademico e anche parole lusinghiere ma la mia battaglia si gioca sul pentagramma».
Le piacerebbe comporre una partitura in cui le forme della classica incontrano il rock?
«Non ho mai trovato interesse per la contaminazione tra i generi. Nella musica cerco la bellezza e questa può esprimere tutta la sua seduttiva potenza soprattutto se plasmata all’interno delle forme classiche dilatate. Il mondo contemporaneo ha dimenticato quelle forme a favore della più immediata e fruibile canzone. Sono fortemente attratto da ciò che è inconsueto, da ciò che sfida la mia comprensione, mentre perdo subito interesse per ciò che è immediato».
Eppure ha fatto parte della giura di qualità di Sanremo.
«Sono stato per giorni circondato da persone di grande talento. Ho anche fatto esperienza dell’impatto sociologico della forma canzone».
Biglietti: da 30 a 45 euro.
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