“Concerto”, il terzo Giorgione che brilla all’Accademia

I Giorgione delle Gallerie dell’Accademia sono diventati tre. Perché da ieri alla “Tempesta” e alla “Vecchia” – celeberrimi capolavori – si è aggiunto il “Concerto”, dipinto attribuito anch’esso (anche se il giudizio della critica non è unanime, come spesso accade per le attribuzioni giorgionesche) al grande pittore rinascimentale di Castelfranco Veneto. Il telero arriva in deposito quinquennale dalla Collezione Gianni Mattioli – celebre per i dipinti futuristi, ma con alcune eccezioni, come questa, anche per l’arte antica – che lo acquistò nel 1948 su consiglio di un grande storico dell’arte come Roberto Longhi, sicuro – come altri studiosi, come Mauro Lucco e Giorgio Fossaluzza – della paternità di Giorgione, nel periodo tardo della sua produzione pittorica. Ma dopo essere stato per decenni nel soggiorno di casa Mattioli, una presenza abituale e quasi affettuosa – come hanno ricordato ieri alla presentazione della piccola mostra dei tre Giorgione in serie, la figlia del collezionista Laura Mattioli e il nipote Giacomo Rossi – il quadro ora si ricongiunge con i suoi due “fratelli” dell’Accademia.
Perché, come ha ricordato nella presentazione dell’iniziativa che si inserisce nelle celebrazioni del bicentenario delle Gallerie dell’Accademia la direttrice Paola Marini, i tre dipinti facevano tutti parte della collezione del patrizio veneziano cinquecentesco Gabriele Vendramin, a Ca’ Vendramin Calergi, attuale sede del Casinò, assieme a un altra tela di Giorgione andata perduta. Qui possedeva un famoso “camerino delle anticaglie” dove si conservava anche il prezioso libro di disegni di Jacopo Bellini oggi al British Museum di Londra. Della presenza della “Vecchia” e del “Concerto” – oltre a “La Tempesta” – nella collezione Vendramin si ha traccia nell’inventario dei beni testamentari del patrizio veneziano. In seguito il “Concerto” sarebbe appartenuto – alla metà del Seicento – al pittore e collezionista francese Nicolas Règnier, attivo in laguna, catalogato come “Sansone deriso”. A colpire nel dipinto è anche la monumentalità insolita delle figure – quella centrale che guarda verso l’alto, con la bocca aperta, quasi fosse un cantore, con alla sinistra e alla destra due figure con il colbacco, l’una ilare e l’altra cupa – non frequente nei dipinti di Giorgione e che richiama gli affreschi concepiti per la facciata del Fontego dei Tedeschi, con i resti della “Nuda” oggi, alla Galleria Franchetti alla Ca’d’Oro.
Ma un’altra interpretazione tematica recente di Giorgio Fossaluzza interpreterebbe diversamente il dipinto. Al centro sarebbe Davide in atto di cantare, accompagnandosi con la cetra per alleviare la tristezza di re Saul, alla presenza del figlio Gionata. Laura Mattioli ha detto anche ieri di ritenere che nel dipinto si possa riconoscere un autoritratto di Giorgione stesso, che si rappresenta come “davide cantore”, con un riferimento all’attività di musico dell’artista.
Già in precedenza Giorgione si era raffigurato in veste di Davide, come testimonia una tavola oggi conservata all’Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig citata dal Vasari e riprodotta in un’incisione di Wenceslaus Hollar prima che fosse tagliata nella parte bassa, raffigurante la testa di Golia. I lineamenti del volto dei due ritratti sarebbero infatti molto simili. Le indagini agli infrarossi e le radiografie compiute sul dipinto ora arrivato alle Gallerie dell’Accademia, hanno rilevato la presenza di un altro dipinto sottostante, che ritrae un paesaggio boscoso con la figura di un soldato con scudo che si piega a specchiarsi in un ruscello, secondo un’iconografia tipica del mondo giorgionesco.
I tre dipinti di Giorgione resteranno in esposizione per un mese nella Sala XXIII delle Gallerie dell’Accademia, dopo di che si separeranno perché la “Vecchia” sarà sottoposta a un importante restauro, per uniformarne la pellicola pittorica. Ma sono destinati a tornare insieme: compariranno nel riallestimento delle prime sei sale del museo veneziano, già stabilito, dove troveranno posto anche i dipinti di Bosch che prima erano a Palazzo Grimani.
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