De Sica mattatore a Cortina «Qui i miei anni migliori»

L’attore ripercorre la sua carriera, dalle serate in balera al primo successo «Rifarei subito un cinepanettone qui. Ma non succederà, è troppo costoso»
Gianluca De Rosa

CORTINA. «Quando misi piede a Cortina per la prima volta non avevo un soldo, venni ospitato a casa di amici. Poi arrivò “Vacanze di Natale”, era il 1983. Fu in quel momento che iniziò la mia ascesa. Ricordo un episodio che segnò la mia vita: davanti ai riscontri positivi del primo cinepanettone della storia telefonai a mia moglie e le dissi: “Silvié (Silvia Verdone, sorella di Carlo), finalmente se magna”». Poche parole, quante bastano per spiegare il legame viscerale tra Christian De Sica e la perla delle Dolomiti. Nonostante il passare degli anni e il mutare degli eventi.

Cortina ha lanciato De Sica sul palcoscenico che conta dopo anni trascorsi nelle balere, cantando e suonando senza la piena approvazione di papà Vittorio che vedeva per Christian un futuro diverso, forse lontano dalle luci della ribalta. Questo, e tanto altro, è emerso davanti alla platea del Miramonti che ha applaudito a lungo un De Sica senza peli sulla lingua, rinvigorito dall’aria di casa che da oltre trent’anni respira a Cortina.

De Sica, come è cambiata Cortina dal 1983 a oggi?

«È cambiata tantissimo perché sono cambiati i tempi, è sparito l’ottimismo. Erano gli anni della Milano da bere, i vip arrivavano in elicottero e andavano a cenare al Caminetto. Oggi quel filone non esiste più ma Cortina rimane la perla delle Dolomiti, apprezzata anche per la sua intransigenza. L’essere riuscita a selezionare la sua clientela è stato un bene, non certo un male. Chiudere le porte piuttosto che aprirle lo considero un pregio da ascrivere ai suoi abitanti. Grazie a questo aspetto l’atmosfera che si respira è ancora da favola, nulla è andato in malora come successo invece altrove».

E come è cambiata, grazie a Cortina, la vita di De Sica dal 1983?

«È cambiata radicalmente e il merito è solo ed esclusivamente di quel film, il primo cinepanettone italiano che venne a lungo deriso dalla critica ma particolarmente apprezzato dal pubblico. Ho vissuto dieci anni a Cortina cambiando quattro case. L’ultima l’abbiamo affittata in centro a milleduecento euro al mese, neanche tanto per il posto ma ci avrò dormito forse due volte in quattro anni. Quei dieci anni sono stati i più belli della mia vita».

Tornerebbe a girare un cinepanettone a Cortina?

«Di corsa, senza farmelo ripetere due volte. Temo però che la cosa non succederà perché Cortina è un set particolarmente costoso per il comparto cinematografico che vive un momento di crisi nerissima. Ai miei tempi si giravano trecento film all’anno, ora si arriva a quaranta a fatica. Ultimamente ho girato quattro film a Trento, il Trentino Alto Adige, ad esempio, ha costi inferiori rispetto a Cortina e questo pesa sulla scelta di una location».

Prima di scoprire Cortina ed il successo di Vacanze di Natale, com’era la sua vita?

«Ero il figlio di Vittorio De Sica, un onore ma anche un macigno. Ricordo un giorno che papà mi disse: “Christiané, ti do un anno di tempo per diventare il migliore poi ti dovrai trovare un altro lavoro”. Io non volevo fare “Ladri di biciclette”, se avessi inseguito quel mito sarei diventato un fallito. A me piaceva cantare e ballare. Esordii nel varietà grazie ad Antonello Falqui, nel 1973 andai anche a Sanremo ma mi rimandarono a casa dopo la prima serata. Una delle mie grandi passioni è doppiare i cartoni animati. Mi sono concentrato nel fare cose leggere perché la mia priorità è far divertire il pubblico, non accontentare la critica. Salire su un palco accolto da un’ovazione: è questo il mio obiettivo, ancora oggi che ho 66 anni».

Tornando a Cortina e a “Vacanze di Natale 1983”, c’è un ricordo particolare che custodisce?

«Jerry Calà a quei tempi era fidanzato con Mara Venier. Dormivamo nella stessa stanza e per questo Mara mi telefonava tutte le sere per controllare Jerry di cui era molto gelosa. Mi tartassava di telefonate, anche in piena notte e io dovevo coprire le marachelle di Jerry che nel frattempo usciva a divertirsi».

A proposito di colleghi, quali sono quelli che ricorda con maggior piacere?

«Sabrina Ferilli è una sorella, molto più di un’amica. Ho un ottimo ricordo di Ornella Muti con la quale non ho mai avuto un problema sul set. Non posso dimenticare Massimo Boldi, compagno di una vita. Ci siamo conosciuti da ragazzini, quando cantavo e ballavo nelle balere lui suonava la batteria nel mio gruppo».

Come se la passa il comparto cinematografico italiano?

«Male, molto male. Le nuove generazioni non sanno fare niente, aspirano alla fama senza alcuna preparazione. Mi piace Checco Zalone, nei suoi successi rivedo i nostri degli anni Ottanta».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova