Due enormi “Ghirbe” per l’università al Portello

Le opere di Ievolella sono state collocate nella Cittadella dello Studente in via Venezia
BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - OPERA D'ARTE ANTONIO IEVOLELLA
BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - OPERA D'ARTE ANTONIO IEVOLELLA

PADOVA. Le due enormi Ghirbe di Antonio Ievolella, nate inizialmente per essere esposte a Napoli, sorgono oggi nel centro della nuova Cittadella dello studente, in via Venezia: l’opera, costituita da due otri ciclopici in corten rame, è stata donata dall’artista all’Ateneo, che sabato alle 15 inaugura l’installazione. «Nel 2015» spiega la professoressa Giovanna Valenzano, prorettore al patrimonio artistico «le Ghirbe erano state posizionate di fianco alla stazione dei treni, dove poggiavano su quattro punti. Ora su uno solo: per rendere possibile il nuovo posizionamento è stato necessario ripensare collocamento e posa, gli ingegneri e i tecnici dell’Ateneo si sono profusi in un lavoro lungo ed impegnativo, che oggi ci restituisce la bellezza del risultato».

L’aspetto è aereo, perché le basi amplissime non toccano quasi terra, innalzandosi lievi verso il cielo: «un effetto non facile da raggiungere» sottolinea l’architetto Franco Biscossa, curatore della collocazione spaziale «visto che le Ghirbe pesano 40 quintali ciascuna. L’idea di esporre l’opera nell’area di Psicologia, al fianco della Cittadella dello Studente, era stata dell’ex rettore, Giuseppe Zaccaria: l’aveva voluta tra la piazzetta e i poli dipartimentali. Abbiamo lavorato molto per rendere il senso di levità, e abbiamo fatto in modo che fossero visibili anche da lontano, da tutti gli ingressi della Cittadella».

La Ghirba, originariamente, era un contenitore ricavato da pelle di animale, e portato a tracolla dalle donne per trasportare l’acqua. Nell’arte di Ievolella, nativo di Benevento e padovano di adozione, sono un elemento ricorrente, che l’artista ha fatto proprio in varie forme e dimensioni. Da ultimo, con le due importanti strutture, da oggi incastonate tra gli edifici che portano la firma dell’architetto e designer Gino Valle. «Il materiale principale» spiega l’autore «è il corten, che è pressoché eterno. Non si rovina, non arrugginisce, non teme gli agenti atmosferici o la corrosione. Al contrario, rinasce al cambiare del clima: con l’acqua e l’umidità si scurisce, fino a diventare quasi marrone. Quando invece l’aria è calda e secca diventa chiarissimo. Per me, nonostante sia composito, è un materiale che richiama la natura, vero e immortale».

Silvia Quaranta

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