Ermal Meta: «Cultura è avere a cuore gli altri Sigillare i confini vuol dire costruire paure»
L’INTERVISTA
Tommaso Miele / TREVISO
“Braccia senza mani, facce senza nomi/Scambiamoci la pelle, in fondo siamo umani”. C’è un passaggio del testo di “Non mi avete fatto niente”, la canzone di Ermal Meta e Fabrizio Moro vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo, che pare dedicata a quello che in queste ore, in questi giorni, in questi mesi, la cronaca italiana quotidianamente ci mostra. Ermal Meta, una delle penne della canzone italiana più vive e fertili degli ultimi anni sarà mercoledì sera all’Home Festival di Treviso (dalle 21). Il suo primo pensiero, va alla nave Diciotti, a Catania e allo sbarco tanto sospirato (e infine arrivato).
Ermal Meta, possiamo adottare quel verso di “Non mi avete fatto niente” per immedesimarci in chi salpa in cerca di un domani migliore?
«Credo di sì, ma soprattutto può servire per distanziarci da chi pensa sia giusto abbandonare le persone. La situazione della Diciotti è stata una parentesi molto difficile con cui fare i conti, da spettatore. Troppo spesso dimentichiamo che l’Italia è la culla della cultura, e cultura, molte volte, è anche dimostrare di avere a cuore il bene e la salute degli altri. Quando un essere inerme è in difficoltà bisogna aiutarlo: il sentimento di chiusura fa sentire al sicuro alcuni e molto male chi cerca una mano amica. Sigillare i confini porta paura e il timore genera estremismi. Quello che è successo negli ultimi giorni fa rabbrividire».
Tornando alla musica: si sente più felice nello scrivere per gli altri o quando dà piena interpretazione di se stesso?
«Da almeno due anni e mezzo sono totalmente concentrato sulla produzione di canzoni soltanto mie. L’anima è sempre la stessa, quando scrivo per degli amici artisti è comunque come se lo stessi facessi per me. Cambia poco, però attualmente sono nel periodo del “me la suono e me la canto da solo”. E devo dire che lo vivo benissimo».
La musica classica ha avuto una profonda influenza nella sua vita.
«Mia madre è una violinista e da piccolo mi portava ai suoi concerti. Mozart, Chopin, Wagner, Beethoven: sono cresciuto con tutti questi idoli intoccabili. Poi ho conosciuto il pop, ed è stato grande amore. Sono due mondi che in me si sono incontrati a livello di subconscio, probabilmente: di sicuro assorbire la classica mi è servito per capire la musica di oggi».
Non mi avete fatto niente” è fluita spontaneamente dopo i drammatici atti terroristici di Manchester. Cosa ricorda di quei giorni?
«Molte persone del mio entourage, ma anche amici, mi hanno scritto diversi messaggi dopo quel concerto maledetto di Ariana Grande. Tutti mi chiedevano se avrei preso misure cautelari maggiorate nei miei futuri concerti, si respirava grande insicurezza. Poi è arrivato l’incontro con Fabrizio e le perplessità condivise sul da farsi, da cantanti e da coinvolti emotivamente: sull’onda del momento abbiamo deciso di descrivere quella sensazione, tentando di raccontare la necessità dello stare uniti per combattere il terrore».
Recentemente ha ricevuto la benedizione apostolica di Francesco e della Segreteria Vaticana per la sua “attività artistica, che trasmette i valori dell’amore, della pace, della solidarietà e dell’amicizia”. Quali sensazioni ha provato?
«Io sono credente: è difficile da spiegare a parole la magia che può contenere un riconoscimento da parte di Sua Santità. Trovo che il Papa abbia una grande umanità e che sappia riconoscere i difetti del mondo di oggi, descrivendoli in modo semplice ma denso di significato. Un vero papa rock, lui è questo per me».
Dalla tournée classica all’ambiente del grande festival all’aperto: cosa cambia nel suo approccio con la musica dal vivo?
«I festival, più in generale le rassegne di una certa dimensione, sono assai diverse dal classico tour. Ma è un habitat che amo molto, così come mi piace da impazzire l’Home: ci ho suonato nel 2011 con la mia band dell’epoca, La Fame di Camilla. Come manifestazione è cresciuta tantissimo e ormai è di sicuro una delle rassegne più belle d’Italia. Da parte mia, porterò il più possibile: tutto me stesso, con le parole, la voce e la voglia di emozionare e di far riflettere chi abbia avuto la spinta di essere in quel momento preciso lì, per me». —
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