Famose o sconosciute le isole di Venezia non hanno più segreti

Raccontate da Menetto e illustrate da Fabris  in una guida che svela storia e incanto della laguna

Murano Burano Torcello, sempre o quasi sempre così, insieme e tutte in fila. Il Lido, naturalmente; e da qualche anno il binomio Lido-Pellestrina. Sant’Erasmo, che complice la delizia dei suoi carciofi è diventata meta di un turismo attratto dalla curiosità che possono suscitare gli orti nel cuore della laguna.

Sono le più famose, ma non sono certo le uniche: le isole che fanno da corona alla regina Venezia sono un dedalo geografico, un compendio di storia, una meraviglia della natura. A metterle insieme c’è adesso un libro – “Venezia. Le isole incantate” – edito dalla Biblioteca dell’Immagine. Porta le firme di Luciano Menetto e Pierfranco Fabris, e da domani i nostri lettori potranno trovarlo in edicola in abbinamento con il quotidiano.

A rendere speciale questa pubblicazione è il fatto che le isole non sono solo raccontate con i testi, ma illustrate e non da fotografie come di solito avviene ma da dettagliati e affascinanti disegni. Luciano Menetto ha scritto i testi: veneziano, è autore di numerose raccolte di poesie, oltre che di libri dedicati alla sua citta. Piefranco Fabris, anche lui veneziano, è un architetto che dopo aver dedicato 40 anni alla professione si dedica ora totalmente alla pittura e all’illustrazione. Per raccontare così le isole di Venezia ci sono voluti due anni di lavoro. Nel loro libro le isole più note ci sono tutte; facile però che a incuriosire il lettore saranno quelle meno conosciute o addirittura dimenticate. Ciascuna, a suo modo, viva.

Da Murano che nel Cinquecento ospitava trentamila abitanti ridotti ai quattromila di oggi al Buel del Lovo dove, nel 1797 ultimo anno di vita della Serenissima, c’era un fortino in legno per la difesa di Venezia. Da Sant’Erasmo isola agricola, abitata da neppure mille residenti, che continua ad essere l’orto di qualità di Venezia, a San Giorgio Maggiore - famosa in tutto il mondo -dove ha sede il più bel convento benedettino della laguna. E poi l’avvincente storia di San Lazzaro degli Armeni, la piccola Armenia, concessa nel 1717 dalla Repubblica ad un gruppo di monaci Armeni guidati dall’abate Mechitar (il consolatore) e la gemma lagunare Poveglia abbandonata da decenni.

Tante le curiosità nel libro. Per esempio, in quanti conoscono San Secondo? Eppure la vedono tutti: è una specie di biglietto da visita della città per quanti arrivano in treno. Sta a metà strada tra Venezia e Punta San Giuliano, è coperta da un folto spettinato di alberi e circondata da una rovina di detriti. È triste e derelitta: ma è un po’ l’esempio del trattamento riservato alla quasi totalità delle cosiddette “isole minori” della laguna dopo la resa della Repubblica e gli editti napoleonici che scioglievano gli Ordini religiosi che in gran parte le popolavano. E San Giorgio in Alga? Si vede chiaramente dalla Stazione Marittima, ma è sperduta in una zona poco attraente della laguna lungo il canale che porta a Fusina; come San Secondo era una sosta gradita per quanti raggiungevano o lasciavano Venezia. Non ci abita nessuno, e si chiama così per la grande quantità di alghe che le proliferavano attorno. Sono cinque, invece, gli abitanti di San Francesco del Deserto, dove secondo la tradizione il santo sarebbe arrivato di ritorno dall’Egitto e dalla Palestina. Era a bordo di una nave veneziana, assieme a un discepolo; storditi dal chiasso e dal mercanteggiare avrebbero cercato e trovato la pace in quest’isola, costruendosi una capanna di giunchi e fango all'ombra di un antico oratorio. Francesco piantò il ramo di pino divenuto secolare albero maestoso, ed è qui che il proprietario dell’isola Jacopo Michiel fece erigere la chiesa a lui dedicata, la prima in assoluto nel mondo. Tra le 60 storie, anche quelle degli Ottagoni e delle fortezze.

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