Feltre scrigno di tesori d’arte sacra

Imbevuti di storia, questi muri potrebbero raccontare di fasti e di potere, di terremoti e di incendi, di oltraggi e decadenza. Ma oggi raccontano soprattutto di una straordinaria rinascita, progettata con attenzione, finanziata con oculatezza, condotta con una cura che - per tecnica, esito, rispetto dei tempi e dei finanziamenti assegnati - definire esemplare sembra quasi riduttivo. Rinasce così, a vent’anni esatti dal primo progetto e con solo tre mesi di chiusura totale al pubblico, il Palazzo Vescovile di via del Paradiso a Feltre, e nelle sue sale nasce il Nuovo Museo Diocesano di Feltre e Belluno, che in 27 sale raccoglie un impressionante numero di opere d’arte di elevatissimo spessore. Sarà inaugurato venerdì 11 maggio; già ora può svelare i suoi tesori, e i segreti di un restauro condotto seguendo la più complessa delle filosofie, quella che conserva il racconto del tempo aprendo contemporaneamente lo spazio al nuovo.
Grandi protagonisti di questa avventura sono monsignor Giacomo Mazzorana, sacerdote e storico dell’arte, che del Museo è direttore; Gloria Manera, architetto che ha seguito i lavori con il supporto tecnico dell’ingegner Siro Andrich; e Tiziana Conte, conservatrice che - già curatrice del catalogo delle opere di arte sacra conservate nelle chiese e nei conventi del Bellunese - ha selezionato le opere da destinare al Museo e ne ha seguito i restauri per i quali hanno lavorato numerosi esperti del Triveneto. Tutta l’operazione è costata 7 milioni di euro, ed è stata finanziata da Fondazione Cariverona (tre milioni), Regione Veneto (un milione), fondi europei (un milione e 900 mila euro), e Diocesi per il restante ammontare. Non c’è ironia ma una punta di orgoglio nel dire: «Abbiamo avanzato 10 mila euro».
Quando il Palazzo è stato preso in consegna per il restauro era in stato di grave degrado: pericolante da un lato, bucato dall’umidità dall’altro. Su una base originaria del 1290, aveva passato traversie di ogni tipo: grandi fasti e bellezze, ma anche ripetuti danneggiamenti, con aggiunte di costruzioni in tempi diversi. Nell’ultimo secolo, era stato prima ricovero per soldati e animali (500 degli uni, 40 degli altri) durante la Grande Guerra, poi ospedale militare, poi orfanotrofio per bimbi sordomuti, e infine colonia. Una parte aveva mantenuto la funzione di museo.
Il restauro ha seguito i mutamenti che gli spazi hanno subito nei secoli: soffitti che si alzano e si abbassano, finestre che si aprono e si chiudono, porte che diventano camini, muri che sono in realtà fittizzi. Una scoperta al giorno, praticamente, e ogni giorno una soluzione nuova da escogitare. La visita inizia con le spettacolari cantine, perfettamente conservate e destinate a pezzi di archeologia; continua su scalinate dove il visitatore è accompagnato da figure di armigeri sui muri e dove - più in alto - si possono ammirare le antiche volte con i legni originari. Entra lì dove c’erano le camere e le tappezzerie, cedendo all’usura, hanno lasciato spazio a decorazioni delicatissime sui muri. L’occhio si perde su infilate di porte e corridoi, e si perde perché non sa da quale incanto lasciarsi sedurre: dai muri istoriati di scritte di ogni epoca? dai soffitti a preziosi cassettoni? dai pavimenti alla veneziana che, interrotti all’improvviso, denunciano stanze che hanno cambiato nella loro storia metratura e forma?
In tutto questo, si innestano le opere d’arte che in comodato d’uso per cinque anni (ma molte, destinate a restare) provengono da chiese e conventi di tutto il Bellunese. Sono oltre 400 pezzi e tra i nomi vi sono Tintoretto, Ricci, Brustolon. Viene da Lamon il calice paleocristiano del Diacono Orso: è il più antico calice eucaristico dell’Occidente. È stata intagliata sul monte Athos la croce che in 37 centimetri e mezzo di altezza arriva a contenere 52 nicchie, 485 figure, 200 colonnine. La stella cometa che illumina la Natività, e che opportunamente ingrandita è diventata logo del Museo, misura 4 millimetri.
Dalla chiesa di San Gottardo vengono 12 apostoli lignei, opera del cosiddetto Maestro di Zoldo. Sono capolavori stupefacenti la Madonna assunta e i Quattro evangelisti di Andrea Brustolon. Ci sono due angeli bronzei, trovati murati (per proteggerli dai furti) in una chiesa; molti capolavori vengono dalla Certosa di Vedana, lasciata dalle suore di clausura che vi mantengono ora, in una chiesa adiacente, solo un presidio.
Reliquiari, un altare portatile (ne esistono solo sei), calici, paramenti, dipinti, tavole: il Museo è un vortice di bellezza con un allestimento che suscita un crescendo di emozioni; la bella Feltre già immagina percorsi di arte e di fede, assieme al Museo e alla Certosa, il santuario dei Santi Vittore e Corona può esserne ulteriore tappa.
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