Geim, il Nobel che fa levitare le rane

Appena vinto il Nobel, nel 2010, il professor Andre K Geim fu accerchiato da una folla di giornalisti curiosi, che gli chiesero in coro e a più riprese una cosa sola: «Ma a cosa serve il grafene?». Quel materiale nuovo, che era appena valso al fisico russo il premio più ambito al mondo, aveva un suono familiare (richiama la grafite, comunemente usata per la mina delle matite), ma un aspetto fantascientifico. Ha lo spessore di un atomo, la resistenza di un diamante e la flessibilità della plastica. Per farne un millimetro, ce ne vogliono tre milioni di fogli. Ma a cosa serve? Il professor Geim, che ora insegna all’Università di Manchester, rispose candidamente: «Non lo so. È come chiedere a un uomo del secolo scorso a cosa serve la plastica». La domanda, sette anni dopo, continua a tormentarlo. Così ieri, nell’Aula Magna del Bo a Padova, inaugurando il Galileo Festival, ha deciso di partire da un altro punto: non “perché”, ma “come”. La storia è spassosa e parte, in realtà, da un’altra scoperta, poi ribattezzata dal mondo scientifico come “la rana volante”.
All’epoca Geim si dedicava ai campi magnetici, e una domenica mattina del 1997 trovò il giusto campo (ben 16 tesla, cioè trecentomila volte più intenso di quello terrestre) e la giusta posizione per far levitare un pezzetto di legno. Da lì le sperimentazioni andarono avanti con ogni oggetto possibile: mentre il professore racconta, al Bo, alle sue spalle compaiono i video di una fragola e un pomodorino che girano su sé stessi, nell’aria. Ma si poteva andare oltre, facendo levitare un essere vivente. La “fortunata” prescelta fu una ranocchietta, che sopravvisse senza danni facendo guadagnare al professore un Ig-Nobel (una specie di anti-Nobel, dedicato dall’università di Harvard alle scoperte divertenti, spiritose e apparentemente inutili) e l’imperitura stima di un bambino: «Questa è la sua lettera» dice Geim, mentre sul maxischermo compaiono alcune righe scritte a penna. «Mi interessa molto la sua rana. Potrebbe darmi delle informazioni in più? Ho nove anni e vorrei fare lo scienziato».
In comune con la scoperta del grafene, forse, c’è solo la casualità dell’intuizione. Ma un po’ di anni dopo, sui possibili utilizzi, qualche risposta è arrivata: energia pulita, dispositivi elettronici, attrezzature di ogni tipo. Le applicazioni sono potenzialmente infinite, dipenderanno solo dalla capacità di scoprirle. «Intorno a noi» conclude il professore «c’è un mondo che conosciamo ancora troppo poco». (s.q.)
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