Giorgio Lombardi e i suoi progetti di città per l’uomo

di Anna Sandri
Perché se ne era andato così in fretta, in un buio improvviso; perché la sua morte era stata prematura, aveva solo 64 anni ed era nel pieno della professione e della creatività. E perché non era come molti architetti sono, attenti alla conservazione ragionata della loro opera. Chi lo ha conosciuto, dice che era piuttosto come un artigiano, e che da urbanista tesseva una rete di interessi sociali, guardava alla qualità della vita delle persone nelle città e non era posseduto dall’ego che ha prodotto, in questi ultimi anni, quelli che vengono chiamati archistar.
Di Giorgio Lombardi - scomparso il 15 dicembre 2006 a Venezia - per tutte queste ragioni non esisteva un quadro complessivo dell’opera. E c’è voluto del tempo - anni - per riordinare tutto il suo archivio. L’opera di riordino ora diventa un libro, che Marsilio pubblica con un titolo che riassume tutto il senso della persona: “Giorgio Lombardi. L’uomo e l’architettura”.
A cura di Anna Paola-Pola, è un cammino lungo un’intera vita. Architetto, urbanista, docente di progettazione urbana, cresciuto a Brescia ma veneziano di adozione, per quarant’anni Lombardi ha lavorato in tutto il mondo, dall’America Latina all’Iraq alla Georgia, oltre all’Italia e all’Europa. Leonardo Benevolo definisce il suo «un percorso che nel nostro campo, non ha, probabilmente, paragoni da alcuna parte, in Italia e all’estero». E infatti, i suoi interventi di urbanistica hanno fatto scuola, in Italia e all’estero.
Il libro non raccoglie l’intera opera di Lombardi, sarebbe impossibile; ma il materiale selezionato ne mette in evidenza l’approccio alla professione, come tecnico e come uomo. Quattro sezioni raggruppano i lavori a partire da una città o da un’area geografica comune. La prima, Brescia dove è cresciuto e ha avviato le sue prime esperienze urbanistiche seguite da un lungo rapporto di collaborazione con l’amministrazione; poi Venezia, città in cui ha studiato e ha poi scelto di vivere avviando il suo studio professionale e diventando docente allo Iuav. L’America Latina, dove ha svolto interventi sui centri storici in diversi paesi; e un capitolo è dedicato a Baghdad, dove Lombardi fu chiamato per la riqualificazione del centro, trovandosi a lavorare con un team di giovani giapponesi. Le pagine del libro che raccontano quel periodo, firmate da Stefano Bianca che con lui condivise l’esperienza, sono tra le più curiose, laddove si racconta del diverso approccio al lavoro di italiani (creativi) e giapponesi (costantemente costretti a riferire a Tokyo su ogni passo da intraprendere). E sembra quasi di immaginarla, la faccia di Lombardi e il suo sorriso (l’ironia era una delle sue doti) quando un giorno nella grande sala che faceva da ufficio trovò un muro di mattoni, alzato nella notte dai giapponesi per marcare - dopo settimane di inchini, sorrisi e «sì che volevano dire no» - la definitiva distanza dagli italiani. Fu urbanista per l’Unesco, docente allo Iuav, colto collezionista d’arte (appassionato soprattutto della pittura del Seicento), profondo amante di Wagner.
Soprattutto, Giorgio Lombardi è stato un uomo che ha messo al centro della sua opera gli uomini: chiamato a progettare un nuovo tessuto sociale per un quartiere di Bogotà, scriveva in una lettera, descrivendo il quartiere del Cartucho: «Ieri, fra le otto di sera e mezzanotte, ho compiuto un viaggio all’inferno». E quell’inferno non erano le strade, non erano le case. Era l’umanità dolente, disperata e vuota alla quale con il suo lavoro avrebbe cercato di restituire dignità.
“Giorgio Lombardi. L’uomo e l’architettura” sarà presentato sabato prossimo, 17 dicembre, alle 11 a Ca’ Giustinian, sede della Biennale, a Venezia.
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