«I giovani e i migranti, Johan Padan di oggi»

Una giornata con Dario Fo alla Marignana di Marocco, dove il Nobel incontra gli studenti che rielaborano il suo fuggiasco
Di Matteo Marcon
SPARVOLI AG.FOTOFILM MOGLIANO DARIO FO' A VILLA MARIGNANA DI T. BENETTON
SPARVOLI AG.FOTOFILM MOGLIANO DARIO FO' A VILLA MARIGNANA DI T. BENETTON

MOGLIANO VENETO. «Vivere di sguincio, senza fare nulla per migliorare la propria situazione è indegno, gli artisti devono essere i primi a reagire, non inseguire l’arte per l’arte, ma essere nel proprio tempo». Dario Fo incita i suoi giovani ascoltatori con la potenza suggestiva del racconto. Nelle stanze di villa La Marignana a Marocco di Mogliano, sede del museo Toni Benetton, un incontro informale con una trentina di studenti è l’occasione per attraversare il tempo e la storia dell’arte con indomita arte oratoria: Leonardo Da Vinci e Caravaggio, l’attualità delle guerre per il petrolio e il patto del Nazareno, i suoi ricordi di studente all’Accademia di Brera e le mille peripezie di “Johan Padan”, il fuggiasco protagonista dell’omonima commedia in due atti scritta nel 1991 in grammelot padano-veneto.

Chi è Johan Padan oggi? L’esule, l'esploratore, l’Ulisse della commedia dell’arte, il comprimario dell’epica conquista dell’America da parte di Cristoforo Colombo, il cervello in fuga, il migrante che attraversa il Mediterraneo: «Sono infinite le allegorie che possiamo legare a questa storia» risponde. «Sono tutti quei disperati che vanno alla ricerca di qualcosa di diverso. Mezzo milione di giovani italiani non tornerà più indietro e più di un milione sono i ragazzi che sono andati all’estero. Ma quella di Johan Padan è anche la storia di chi arriva da noi, si rovescia con la barca, pensa di trovare l’eldorado e trova solo sfruttamento».

Fo inneggia al legame indissolubile tra arte, cultura e impegno civile. Lo fa partendo da lontano, lasciando riecheggiare i versi danteschi (“Fatti non foste...”) e citando Shakespeare: «Più tardi noi canteremo delle nostre viole e dei sorrisi delle nostre donne. In questo momento dobbiamo parlare d’altro». Chi pensa all’arte come mero fatto estetico lontano dalla politica «ci racconta il nulla». Il premio Nobel per la letteratura nel 1997, oggi novantenne, incita gli artisti di domani: «Piantatela di essere vacui, c’è una vita che va avanti a vostra insaputa, il fatto che non sappiate che poche cose, e il resto vi infastidisca, è la vittoria totale per chi vi sottomette». Ad ascoltarlo ci sono trenta ragazzi che si sono cimentati, tavolozza e pennello, proprio nella rielaborazione dei bozzetti del suo spettacolo teatrale “Johan Padan, alla descoverta de le Americhe”. Questa sera, ore 21, nella piazza Sant’Eliodoro di Quarto d’Altino, sarà Mario Pirovano a dare voce e corpo in forma di monologo alle peripezie di questo immaginario giramondo bergamasco (prenotazioni spettacolo 345.5804078). Domani alle 17, alla presenza del maestro, le trentadue tele elaborate dagli studenti, tra i 14 e i 30 anni, in gran parte dal liceo Marco Polo di Venezia e dall’Accademia, saranno esposte al Museo di Altino. La mostra dura fino al 30 settembre ed è intitolata: “Altino e Venezia sotto il segno di Dario Fo”. La masterclass parte dal Museo della scienza e della tecnica di Milano: «A farmi capire la pittura fu un professore» ricorda Fo «portandomi a vedere l’Adorazione dei Magi di Leonardo, un quadro non finito. Dietro ai personaggi principali, la Madonna col bambino e gli astanti, si svolge un’altra scena, ci sono uomini in guerra, scene di palazzi distrutti: Dio nasce e in quello stesso momento, anziché fermarsi a capire la bellezza, l’umanità va avanti nella sua autodistruzione, perché c’è chi davanti al potere non guarda in faccia nessuno».

Descrizioni puntuali, puntellate dalle precise indicazioni del maestro Enrico “Berico” Bartolin e dal sempre attento Mario Pirovano, che accompagnano Fo nel suo breve soggiorno moglianese. Da Leonardo a Caravaggio, alla sua Giuditta e Oloferne, quadro del 1599 che raffigura un celebre episodio biblico legato ai fatti di cronaca del tempo, l’inquisizione di Beatrice Cenci per la congiura contro il dispotico padre. Forse gli inquisitori dell’epoca, manovrati dalla chiesa, non sono tanto diversi da quelli di Erdogan in Turchia. Storia e attualità si intrecciano, grazie al potere della parola e della conoscenza, con le quali anche una sedia pieghevole, in controluce, può diventare palcoscenico.

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