I labirinti, opere d’arte vegetali per guardarsi dentro

VENEZIA. Complicati, disorientanti. Ma anche divertenti. A volte illuminanti, sempre avvincenti. I labirinti vegetali uniscono all’armonia propria del giardino la seduzione di significati arcani e simbolici: sono uno spazio appartato in cui la natura è stata appositamente predisposta in sentieri contorti che invitano ad affinare l’intuito e l’orientamento, ma anche a stupirsi dell’abilità creativa dei loro progettisti.
E, non da ultimo, ad ammirare la cura con cui sono stati preservati spesso per secoli, poiché composti di materia viva, di piante che devono essere curate e potate di continuo, di stretti sentieri che devono ricevere manutenzione costante.

Gli antichi bossi
Purtroppo, in questo periodo di emergenza, il labirinto veneto più celebre, quello di Villa Pisani a Stra, non è accessibile poiché il suo tracciato non garantisce la distanza di sicurezza nei punti di accesso e uscita, ma per chi vuole cimentarsi nel “perdersi per ritrovarsi” tra le siepi, c’è il labirinto dei uno dei più vasti e integri giardini storici d’Europa: quello del Giardino Monumentale di Valsanzibio.
Il suo dedalo di sentieri è stato realizzato con 6.000 arbusti di bosso sempreverde e la maggior parte di quelli tra cui ancora oggi si passeggia alla ricerca dell’uscita è stata piantata tra il 1664 e il 1669, quando il Giardino è stato creato secondo il progetto del fontaniere papale Luigi Bernini. Il percorso, circondato a sua volta da alte siepi di bosso, è lungo circa un chilometro e mezzo e si snoda tra 8.000 metri quadri di spalliere.

E il tracciato indaga nella dimensione spirituale riproponendo le allegorie di purificazione cui tutto il giardino si ispira: ogni illusoria scorciatoia allunga di molto il cammino e finisce in uno dei vicoli ciechi, che sono sette come i peccati capitali, tra i quali il più insidioso è un duplice circolo vizioso che rappresenta la superbia.
Ma non solo nel passato sono stati disegnati e coltivati labirinti. Dal 2011, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, si accede a quello dedicato a Jorge Luis Borges, inaugurato in occasione dei 25 anni dalla sua morte. La grande opera vegetale è la ricostruzione del giardino-labirinto che l’architetto Randoll Coate progettò ispirandosi al racconto di Borges “Il Giardino dei sentieri che si biforcano”: è realizzata con 3.200 piante di bosso che disegnano linee per quasi tre chilometri di siepi.
Un libro aperto
E non sono siepi alte, un po’ per la giovane età del bosso (che cresce molto lentamente), un po’ perché non è la chiusura dell’orizzonte il suo obiettivo. Anzi: la bellezza è ammirarlo mentre lo si percorre e anche percorrerlo quando non lo si può ammirare, grazie al corrimano con le incisioni in braille dedicato ai non vedenti.
Perché la vera rivelazione, qui, oltre ai sentieri tra le spire verdeggianti, è guardarlo dall’alto e scorgere la sua forma di libro aperto cosparso di simboli cari allo scrittore; è leggere “Borges” nella forma delle siepi; è scoprire uno spazio fisico che permette di accedere al mondo fantastico del suo ispiratore. —

L'AMORE
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