Il fascino dell’esoterismo nell’arte demoni, streghe e magia a Rovigo

Al Roverella la pittura europea che indagò lo spazio tra lo zolfo degli inferi e l’aurora dei prescelti

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La fortuna delle culture e delle pratiche esoteriche tra Otto e Novecento in Europa non ha precedenti anche se sempre ebbe cultori. In quei decenni si creò uno spazio sconfinato tra lo zolfo degli inferi e l’aurora dei prescelti che raccoglieva i transfughi della razionalità compromessa con i primi disastri del progresso: miseria e degrado da un lato, positivismo imperante dall’altro. Quel che restava della libera soggettività poteva mettersi in salvo sulle rive dell’irrazionale e scegliere di prendere uno dei molti corsi della vague esoterica.

È questa la materia della mostra di Rovigo “Arte e magia. Il fascino dell’esoterismo in Europa” a palazzo Roverella sino al 27 gennaio per la cura di Francesco Parisi. A dare voce a ciò che non parla la lingua dei vedenti fu il Simbolismo. Non a caso la prima sala della mostra è dedicata al silenzio. Volti ermetici invitano a tacere velando la bocca con i capelli o con le mani. Solo così si può mantenere il “segreto iniziatico” nel segno di Arpocrate, l’Horus fanciullo che invita a non dire. Silenti ed enigmatiche sono le figure di Khnopff, Redon, Delville, Kienerck, Bistolfi. Fortemente simbolica è l’architettura esoterica come gli altari a spirale naturalistica di Obrist o i progetti di templi di Berlage e Bazzani. Baudelaire, pur con tutto il sostegno alla modernità, era della partita: «La natura è un tempio in cui viventi colonne lasciano talvolta sfuggire confuse parole». Da questo minimo avvallo al misticismo all’esultanza vitalistica di Monte Verità il passo è breve. La comunità che si installò sulle colline vicino a Ascona nel 1901, visse un’avventura proto hippie, vegetariana, individualistica, dove lo spirituale stava tutto dalla parte della natura. Vi aderirono parecchi artisti come Jawlensky e la Werefkin. Più settari e votati a un simbolismo rituale furono i Rosacroce.



L’iniziazione che conduce dal fango alla luce è ben descritta nel manifesto di Carlos Schwabe che invita alla prima mostra del gruppo nel 1892. Fa corona una selezione di opere degli adepti di Sâr Péladan, tra cui il bozzetto di Maternità di Previati, o il Parsifal di Jean Delville travolto da sensualissima estasi. Ritroviamo Delville nella sezione che guarda a Oriente dove Redon propone un singolare Budda e Khnopff un angelo stilita che contempla una clessidra, mentre Felicien Rops resuscita la Sfinge.

Una sezione interessante “Psyche, Cosmo, Aura”, riguarda quelle avanguardie che sconfinarono nell’esoterico. Basti pensare a Kandinskij e al suo “Lo spirituale nell’arte”, a Kupka che fu anche medium, a Piet Mondrian che fece parte della Società Teosofica. Non si sottrasse a questa fascinazione sperimentale il Futurismo, ma ne esplorò una versione in linea con la scienza. I raggi X, il moto ondulatorio e le sue frequenze, il rapporto materia-energia resero plausibili quei fenomeni di compenetrazione dei corpi e di simultaneità delle visioni che essi andavano teorizzando. L’immaginazione esoterica interessò Balla e Boccioni, Dudreville e Julius Evola. Simili a ectoplasmi erano le figure nelle fotodinamiche di Anton Giulio Bragaglia. Luigi Russolo si appassionò all’occultismo e si cimentò con il doppio eterico. Romolo Romani sdoppiò i corpi, fissò le evanescenze dando forma ad apparizioni spettrali. Sorprendente in tal senso è il grande ritratto di Dina Galli, matita su carta.

Nella trasposizione dell’invisibile meglio che il segno sia lieve e che la linea marchi quel poco che serve a conservare l’aura. In queste dimensioni incorporee il disegno e l’incisione contano molto e bene ha fatto Parisi ad allestire una sezione di incisioni e illustrazioni di grande interesse. Poi ci sono le opere che riguardano più da vicino le tenebre e tutto l’orrifico gotico. Fantasmi e vampiri abitano l’immaginario del cecoslovacco Panuška. Nerissimi lupi accompagnano tre donne volanti e spiritate di Grasset. Si alternano ermetiche Lamie, come nel magnifico busto in avorio e bronzo di George Frampton, e più lascive streghe come quella dipinta nel tamburello per riti satanici dello spagnolo Falero.

Alla sensuale Succube di Rodin si contrappone l’imperiale Circe di Chalon, la Diavolessa di Alberto Martini è solida e tornita mentre nella Valpurga di Ensor le baccanti sono tremule e spaventevoli. Forse un’eco di quei riti è rimasta nel Grande Vetro di Duchamp.—



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