Il sogno di Rita che incantò Peggy

di Enrico Tantucci
È un surrealismo nordico, sereno e onirico, ludico e variopinto, quello della pittrice danese Rita Kernn-Larsen, che la Collezione Guggenheim di Venezia “riscopre”, presentando nei nuovi raccolti spazi della Project Room (destinati a progetti mirati) una piccola mostra aperta da oggi al 26 giugno.
Un’esposizione - curata da Grazina Subelyt - che fotografa la breve stagione surrealista, dal 1934 al ’44, di questa artista scomparsa nel 1998. E segnata però da un passaggio importante legato anche alla “padrona di casa” di Ca’ Venier dei Leoni, Peggy Guggenheim.
Perché proprio Rita Kernn-Larsen fu protagonista della prima esposizione surrealista curata da Peggy nella sua galleria londinese Guggenheim Jeune, nel 1938. E cinque dei dipinti esposti allora, sono presenti anche a Venezia, tra cui in particolare l’autoritratto virato in rosso, che fu esposto a Venezia anche alla Biennale Arte del 1986, quando Arturo Schwarz selezionò alcune opere di questa artista per la sua sezione “Arte e Alchimia”.
Un quadro ora acquistato dalla Collezione Guggenheim e da cui ha preso le mosse anche questa mostra dedicata a questa artista che a Parigi, nei primi anni Trenta, fu allieva e poi collaboratrice di Fernand Léger, fino a lavorare nella sua “bottega” per alcuni dipinti poi firmati anche dal grande artista surrealista, ma che guardò poi in particolare a Paul Delvaux e a Max Ernst per la sua ricerca pittorica, che non ha però i toni drammatici o angoscianti dei suoi grandi maestri, ma che porta sulla tela una figurazione sognante e dal simbolismo volutamente quasi infantile, pur seguendo la lezione di Sigmund Freud, di cui fu attenta lettrice.
«Parto da qualcosa di reale e l’inconscio poi fa il resto», scriveva allora. E un critico londinese scriveva della mostra londinese del 1938 e dei suoi dipinti che ritroviamo in parte a Venezia: «Queste immagini sono personaggi fiabeschi, fantasmi delle oscure roccaforti nordiche che popolano la nostra mente».
La tecnica dell’automatismo, a cui l’artista si affidava allora per far affiorare flussi di immagini sulla tela, raggiunge i suoi esiti più felici in dipinti come “Danza e controdanza”», presente anche in questa occasione alla Guggenheim che mostra anche in alcune fotografie d’epoca l’artista e persino l’elegante invito di quella mostra di Londra con cui Peggy Guggenheim volle celebrarla.
La vena surrealista e il suo incanto in Rita Kerrn Larsen - come ha sottolineato anche ieri la curatrice della mostra - scomparvero con gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e da allora, con lunghe peregrinazioni tra la Francia, l’Inghilterra e la Danimarca, l’artista si dedicò ad altro per esprimere la propria arte: sculture in ceramica, collàges, ma senza dimenticare del tutto quell’esperienza.
I dipinti in mostra arrivano da collezioni danesi pubbliche e private ed è visibile anche una videointervista fatta nel 1986 in occasione della sua partecipazione alla Biennale, che permette di conoscere meglio la personalissima esperienza di Rita Kerrn-Larsen all’interno dell’onda lunga del Surrealismo europeo.
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