La gentilezza e il valore di un sorriso come antidoto

Alla “gentilezza” si dedica, nelle celebrazioni che costellano ogni anno, una “giornata”. Le gentilezza: passata in sordina, invisibile comportamento, rattrappita emozione, evanescente sensazione....

Alla “gentilezza” si dedica, nelle celebrazioni che costellano ogni anno, una “giornata”. Le gentilezza: passata in sordina, invisibile comportamento, rattrappita emozione, evanescente sensazione. Parlare di gentilezza in questo momento sembra portare in un emisfero antico, una realtà sconosciuta, un luogo lontano, una sorta di territorio mentale e fisico che sta sospeso sopra i nostri comportamenti, diventati per lo più aggressivi, conflittuali, competitivi. Tutt’altro che gentili.

Se la gentilezza deriva dalla parola latina gens, che vuol dire stirpe e quant’altro, significa che essere gentili deriva in ogni caso da un contesto culturale ed educativo. Essere gentili non vuol dire certamente essere passivi, accomodanti o esageratamente conformisti: la gentilezza è un atteggiamento che verte verso la comunicazione, mediata dal rispetto verso l’altro, e soprattutto dall’ascolto. Gentile è colui che si pone in una posizione di discontinuità e di assenza di quel pregiudizio mentale e comportamentale che spesso porta l’individuo a mettere un muro diffidenza nell’incontro tra se stesso e l’altro da sé.

Se la gentilezza è stata inghiottita dall’aggressività, dalla poca disponibilità, è perché qualcosa è accaduto nel mondo della comunicazione, sociale e spirituale. Possiamo facilmente ipotizzare che l’evoluzione verso l’intolleranza comportamentale, l’aggressività come sistema di comunicazione sia avvenuta dentro la concentrazione di un’idea super-egoica e centrata essenzialmente sul proprio egotismo.

Essere gentili vuol dire essere capaci di usare parole lievi, anche quando il contenuto della relazione può riguardare aspetti sfavorevoli. Trovare una strada il più agevole possibile per consentire alla situazione in cui ci troviamo di poter fare un percorso.

La gentilezza è l’assenza di quel bisogno di dominare, giudicare, pregiudicare; è essere capaci di non prevaricare o non ricattare la fragilità della debolezza di chi abbiamo di fronte. Gentilezza ce l’ha chi sente il dolore dell’altro. La nostra quotidianità è oramai carica di effetti urlanti, di insofferenza; è più facile urlare, negare, perfino uccidere anziché comprendere e dirimere i contenziosi seguendo il buon senso e i sentimenti lievi.

È la visione costantemente minacciosa o avida che abbiamo della vita a renderci incapaci di usare la gentilezza pur mantenendo intatto il proprio obiettivo. Siamo diventati poco solidali. Costruiamo una nuova visione del mondo dove la bontà e la gentilezza abbiano un posto dominante, perché così scopriremo l’infinito valore del sorriso come antidoto. —

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