La lezione di Betta sul “Flauto Magico” Successo per l’opera di Mozart a Padova

Bisogna riuscire a tornare bambini per affrontare i misteri della vita. Chi non sa conservare la purezza dell’infanzia è perduto. Ce lo insegna Mozart nel “Flauto magico”, in scena al Teatro Verdi di Padova (oggi alle 16 l’ultima replica) per la stagione lirica padovana. Come spiega il potere della musica per immobilizzare i cattivi? Con una canzoncina per bambini; il concettuale contrappunto servirà ai riti successivi, e i due elementi si fondono come una magia sublimati nella celeberrima ouverture.
Giuliano Betta dirige l’Orchestra da camera di Padova mostrandoci il contrasto tra la gioia e lo stupore della favola rispetto al dramma dei personaggi. Ottimi la scelta dei tempi, l’equilibrio con le voci, l’alleggerimento delle sonorità e trasparenza fra suoni corti e poco tenuti. Betta entra in una poetica dell’orchestra e del linguaggio mozartiano che pochi sanno affrontare, giovane in carriera all’estero, in Germania, quindi direttore stabile del teatro di Basilea. L’Orchestra di Padova suona molto bene, plastica e flessibile nel fraseggio e negli equilibri. Luce e buio dividono il palco. La regia di Federico Bertolani si sviluppa da uno sfondo tanto grigio e oppressivo quanto semplice e discreto sui cui imperversa il gigantesco nome di Sarastro come uno slogan, quel mondo in cui si muovono e da cui dovranno liberarsi i personaggi: «Sì, voglio andarmene, felice e libero», dichiara Tamino.
Nel cast spiccano il tenore Fabrizio Paesano (Tamino) dalla tornita e delicata articolazione, Ekaterina Sadovnikova (Pamina) che canta con lirismo intimista, Christina Poulitsi (Regina della notte), drammatica anche nelle agilità virtuosistiche; John Chest è un Papageno impeccabile che evita la macchietta. Coro Lirico preparato da Sergio Balestracci. Successo calorosissimo.
Mirko Schipilliti
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