La luce di Bellotto e Canaletto diversità di vedute in famiglia

Da novembre a Milano un’esposizione dedicata ai due artisti veneziani cento opere tra dipinti, disegni e incisioni, un terzo delle quali mai viste in Italia

MILANO

Il grande ritorno dei vedutisti veneziani, con Canaletto e Bellotto in prima fila. Si è chiusa solo pochi mesi fa a Brescia, a Palazzo Martinengo, la mostra “Lo splendore di Venezia” - dedicata appunto a Canaletto, Bellotto e Guardi e allargata ai vedutisti veneziani dell’Ottocento - che si annuncia ora una nuova grande esposizione dedicata al confronto pittorico sul vedutismo di zio e nipote.

È stata infatti presentata ieri a Milano “Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce”, organizzata dalle Gallerie di Intesa San Paolo e che aprirà al pubblico dal 25 novembre al 5 marzo 2017 nella sede milanese in Piazza della Scala. Un’esposizione di circa 100 opere, tra dipinti, disegni e incisioni, un terzo delle quali mai esposte prima in Italia, che permetterà di esaminare da vicino affinità ma anche grandi differenze tra la tersa, minuziosa e raffinatissima visione pittorica canalettiana e quella più cupa ma altrettanto affascinante del suo dotato nipote.

Canaletto parte dalle scenografie teatrali e questo influenzerà profondamente il senso della sua visione. Bellotto nasce direttamente come vedutista, partendo proprio dall’esperienza di Canaletto.

I quadri di Bellotto, rispetto alle vedute dello zio sono caratterizzati da ombre taglienti, da una maggior ricchezza della superficie pittorica, da una cura eccezionale del particolare. Canaletto realizza invece immagini più distese, più complesse, di straordinaria nitidezza.

Mentre Canaletto opera con pennellate molto più liquide e sicure - “disegnando” queste silhouette in modo molto limpido -, Bellotto giunge alle stesse figure, con colori sovrapposti, con corpi bordati di nero, giocando con la riconoscibilità delle fisionomie, attraverso tratti somatici accentuati.

Molti anche i legami della mostra con Venezia, non solo per l’origine dei due artisti e i temi di molte delle vedute che vedremo in esposizione a Milano.

A presentare la mostra - con il sindaco di Milano Giuseppe Sala - è stato infatti Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa San Paolo, che guida anche quella Fondazione Cini a cui si devono alcune delle mostre più importanti dedicate in passato ai due artisti, curate a Venezia da un grande storico dell’arte del “fare” come Alessandro Bettagno.

E a curare la nuova esposizione sarà Bozena Anna Kowalczyk, allieva dello stesso Bettagno, con cui curò nel 2001 l’importante mostra su Bellotto ospitata al museo Correr e a cui dedicò - dopo la sua scomparso qualche tempo dopo - un’altra esposizione significativa dedicata questa volta a Canaletto, a Roma a Palazzo Giustiniani: “Canaletto e il trionfo della veduta”.

Ora, appunto - a conferma del grande interesse di pubblico oltre che sotto il profilo collezionistico - che questi artisti continuano a suscitare, arriva questa mostra milanese, che si annuncia di dimensione più ampia, con opere che arrivano da importanti musei stranieri che ne conservano le opere come quelli di Dresda e Varsavia, in particolare per il Bellotto che qui creò il ciclo di 26 vedute creato tra 1770 e 1780, per il castello reale a Varsavia, per una sala preparata espressamente per questa raccolta chiamata sala d’indagine, (più tardi sala Canaletto). E ancora lo stesso Correr, la Pinacoteca di Brera, Capodimonte, la Royal Collection (da cui arrivano appunto opere di Canaletto prima mai esposte nel nostro Paese), il Thyssen Bornemisza di Madrid, l’Hermitage di San Pietroburgo, il Metropolitan di New York e il Getty di Los Angeles, solo per citare i principali.

Il “panorama”, pittorico offerto dalle vedute di opere dei due artisti in mostra, spazierà da Venezia a Roma, da Firenze a Verona, da Torino a Milano, a Londra, Dresda, Varsavia, fino alle visioni fantastiche dei “Capricci” soprattutto canalettiani.

Inoltre la recente riscoperta dell’inventario della casa di Bellotto a Dresda, distrutta dal bombardamento prussiano del 1760, ha permesso di conoscere la biblioteca gettando una nuova luce sulla personalità e l’indipendenza intellettuale dell’artista, sulle sue passioni, la letteratura, il teatro, il collezionismo.

L’eccezionale documento (cui viene dedicato un saggio nel catalogo) è esposto assieme a una selezione dei libri più sorprendenti che appartenevano alla sua ampia biblioteca, la più straordinaria tra quelle finora note formate da un artista.

. Enrico Tantucci

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