L’ADDIO SENZA PROROGHE DEL PAPA MANCATO
di ORAZIO LA ROCCA
Chi entra da papa in Conclave quasi sempre ne esce da cardinale. L’antico detto trova, purtroppo, piena applicazione nel cardinale Angelo Scola che sta per lasciare la guida della diocesi di Milano. Difficile dimenticare che, alla vigilia dell’elezione papale che il 13 marzo del 2013 portò sul Soglio di Pietro l’argentino Jorge Mario Bergoglio, quasi tutta la stampa nazionale ed internazionale inserì proprio Angelo Scola nella ristretta cerchia dei papabili. Ci furono giornali che, in attesa della fumata bianca, dedicarono al “prossimo pontefice” paginate intere di biografie e profili pastorali. E quel “prossimo pontefice” era quasi sempre Scola. Una certezza inspiegabilmente incrollabile al punto da provocare una clamorosa gaffe anche da parte della Conferenza Episcopale Italiana, il cui segretario generale del tempo, il vescovo Mariano Crociata, in un nota emessa per la stampa pochi minuti prima l’annuncio della elezione papale invitava a pregare e a ringraziare la Divina Provvidenza per la nomina del nuovo papa Angelo Scola.
Invito condivisibilissimo, ma con un solo piccolo - si fa per dire - particolare. E vale a dire che al posto di Scola a succedere a papa Ratzinger il Conclave chiamò Bergoglio, papa Francesco. Scola, che presumibilmente era stato uno degli elettori del primo papa gesuita, suo malgrado senza darci apparentemente peso tornò a Milano, la diocesi che ora sta per lasciare, dopo poco meno di sei anni dalla nomina.
Sei anni appena di guida pastorale di una diocesi immensa come quella milanese sono indubbiamente pochi. Il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come papa Francesco, rimase al timone della Chiesa milanese per ben 24 anni - dal 1979 al 2002 - lasciando una impronta che ancora resiste ed è gelosamente custodita da tutti i milanesi, credenti e non credenti. Record -i 24 anni di Martini - nemmeno lontanamente sfiorato dal suo successore, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha governato la diocesi meneghina per nove anni, fino al 2011 (riuscendo però spesso a volentieri a levare la voce in difesa dei rom presi di mira dalla Lega e ad intervenire più volte accanto a poveri e immigrati), quando gli subentrò l’allora Patriarca di Venezia Angelo Scola, che ora, a sua volta, si appresta a fare le valigie senza aver avuto il tempo di poter lasciare un suo personalissima carattere pastorale nella Chiesa milanese.
Scola se ne va a pochi mesi dal compimento dei 75 anni, l’età in cui gli ecclesiastici a norma di Diritto Canonico devono rinunziare ai loro incarichi. Fu lui stesso ad annunciarlo nei mesi scorsi che si sarebbe fatto da parte appena raggiunta l’tà della pensione ecclesiastica.
Perché tanta fretta? È vero che vescovi e cardinali quando arrivano a 75 anni rassegnano le canoniche dimissioni nelle mani del Papa, che però quasi sempre prima di accettarle concede proroghe che, a volte, durano anche anni. Come è il caso del cardinale vicario di Roma Agostino Vallini che, pur avendo passato i 77 anni, è ancora alla guida della diocesi capitolina e forse solo tra qualche mese sarà sostituito.
Nel caso di Scola non c’è stata nessuna proroga. Lui, il cardinale, ha subito manifestato il desiderio di volersene andare, trovando in papa Francesca la persona che lo ha accontentato senza attendere troppo tempo.
La visita a Milano di Bergoglio è stato di certo l’ultimo atto pubblico a cui Scola ha partecipato nelle vesti di vescovo di Milano, una città dove ha fatto fatica ad entrare in sintonia anche negli anni del seminario, dove il futuro Patriarca di Venezia e arcivescovo ambrosiano entrò quando già era un giovane militante di Comunione e Liberazione affascinato dal leader fondatore don Luigi Giussani. E non fu certamente un caso se per completare gli studi, il giovane Angelo Scola fu costretto a trasferirsi nel seminario di Teramo, dove fu ordinato prete.
L’avvento alla guida della diocesi di Milano ebbe, quindi, come il sapore di una rivincita anche se ci arrivò dopo una indubbia “carriera” ecclesiastica costellata da numerose nomine e riconoscimenti di prestigio, come la nomina a rettore della Pontificia Università Lateranense, la guida della diocesi di Grosseto e la nomina a Patriarca di Venezia dove Scola ha potuto lasciare una indubbia impronta di natura pastoral-culturale gettando le basi per la nascita di importanti istituzioni come il polo accademico Studium Generale Marcianum e il Centro internazionale di Studi Oasis. Due istituzioni che hanno contribuito a sviluppare lo scambio culturale, la ricerca e il dialogo ecumenico ed interreligioso. Impronte difficilmente riscontrabili nella breve stagione trascorsa a Milano, forse interrotta per una sorta di malcelato feeling col pontificato di papa Francesco, anche se tra i due non sono mancati pubblici apprezzamenti e reciproci elogi durante il veloce pellegrinaggio milanese di Bergoglio.
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