L’arte ambientale illumina in Villa il volto contemporaneo di Palladio

Dalla fine degli anni Sessanta, per protesta l’opera d’arte esce dalle gallerie e dai musei per confrontarsi direttamente con la natura, il deserto, un lago, un distretto industriale dismesso o altro ancora. Il contesto scelto per la mostra “Casa di vita. Armonia del tempo”, inaugurata ieri, è davvero straordinario: Villa Barbaro di Maser (Treviso), un capolavoro di Andrea Palladio, che custodisce al suo interno il ciclo di affreschi di Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588). Un complesso architettonico, pittorico e paesaggistico che è stato dichiarato dall’Unesco nel 1996 Patrimonio dell’Umanità ospita venti artisti e venti opere site specific, concepite quindi appositamente per lo scenario della Villa, in un stretto legame tra arte del passato e del presente.
Sono opere realizzate con materiali diversi, in parte ecosostenibili, e si ispirano al pensiero del Palladio, che morì a Maser mentre lavorava alla costruzione del tempietto della Villa e alla sua teoria delle proporzioni. Ma non hanno uno scopo ornamentale o romantico. Perché sono opere che invitano a riflettere su temi importanti, quali la biodiversità, la tutela dell’ambiente e dei beni comuni.
Nel viale d’ingresso appare subito “Red Line” di Doron Gazit. Un’installazione che si snoda e si innalza nel giardino, realizzata con tubi rossi gonfiabili, intervallati da rami e radici degli alberi del Cansiglio, abbattuti dalla tempesta Vaia lo scorso anno. Una linea di sangue e di allarme per la natura, come la descrive l’artista e attivista israeliano. Mentre nel prato a sinistra, la scultura, in ferro e acciaio, di Giovanni Sala “La Grande Fragilità” si interroga sulle sorti dell’arte, rappresentata da una farfalla, posata sulla punta di un dito di una mano. Entrambe, arte e farfalle, a rischio estinzione. Come l’acqua nella piscina di Petra Liebl-Osborne, che scorre virtualmente seguendo il percorso acqueo ideato dal Palladio. Un sofisticato sistema idrico che si dirama da una collina sul retro fino alla campagna, passando per gli ambienti di servizio e il Ninfeo con la peschiera, dove nella vasca tra le ninfee, galleggia una scultura bianca di Austin Camilleri. Come fosse di carta, in realtà, di vetro resina. E alla sue spalle, nella grotta semioscura, il labirinto bianco, verticale, di Lorella Salvagni, che riprende il modulo geometrico del giardino antistante, progettato dal Palladio e il suo colore preferito, simbolo di purezza e di vitalità.
I libri e il totem
L’euritmia ovvero l’armonica distribuzione delle opere ambientali in sintonia con gli elementi architettonici, continua nel primo piano della Villa. Nella stanza dedicata all’amore coniugale, dove il Veronese ha dipinto il Tribunale d’amore, davanti il caminetto, Daniela Lazzari ha installato due grandi libri di laminil, che raccontano dal punto di vista dell’artista, che vive a Mogliano Veneto, la storia della Villa e il secondo libro dell’Architettura del Palladio. E lungo il corridoio, nella sala a crociera, di fronte all’apertura centrale, il maestro vetraio Livio Seguso ha posto un totem di legno e vetro di Murano, dalle forme pure. Quasi un faro di luce. Cangiante nella sua trasparenza. Come le sculture colorate, a forma di fungo, specchianti, che nell’ala privata oltre la Stanza della Lucerna, l’artista veneziana Maria Grazia Rosin ha collocato sul pavimento secondo un’onda sinusoidale, tra l’architettura reale del Palladio e quella illusionistica del Veronese. Un gioco incantevole al quale sembra partecipare lo stesso pittore, con il suo celebre autoritratto da cacciatore, dipinto sulla parete dove termina l’installazione.
Tutto si trasforma
Tra le nicchie con le suonatrici, la bambina affacciata alla finta porta rimane incredula di fronte alla “Natura del presente” di Chicco Margaroli: una struttura in ferro con scatole di gelatina proteica, che contengono le foglie cadute quest’inverno dagli alberi di noce della dimora di campagna. Quasi un albero d’artista. Perché tutto si trasforma anche in arte. Lucio Fontana quando alla fine degli anni Quaranta creava i suoi ambienti spaziali, arcobaleni di meraviglia, non era consapevole di anticipare l’arte ambientale: un iponimo imperfetto, che designa varie e a volte contrastanti tendenze del nostro tempo. —
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