Le generosità è uno stato dell’animo, non del portafoglio. Per questo non va cercata in chi ha (solo) tanto denaro

Cercare la generosità nella ricchezza è spesso un’ardua impresa, se intendiamo per generosità quel sentimento di disponibilità umana e la capacità di andare al di là di un calcolo effimero quando...
Cercare la generosità nella ricchezza è spesso un’ardua impresa, se intendiamo per generosità quel sentimento di disponibilità umana e la capacità di andare al di là di un calcolo effimero quando agiamo nei confronti dei più deboli economicamente. Si può andare verso i detti popolari, quelli che sintetizzano i comportamenti sociali e definiscono il ricco un accumulatore, poco incline alla dispersione economica, e la tirchieria come un atteggiamento indispensabile per mantenere la ricchezza. Certamente possedere una quantità ingente di denaro può far assumere atteggiamenti psicologici di potere, soprattutto se la ricchezza è stata una conquista fatta di fatica, intuizione, fortuna. Anche in queste categorie di “ricchi” dietro il senso del ruolo e la responsabilità sociale, spesso vi sono personalità che sanno perfettamente di avere ciò che l’altro non ha e centellinare e contabilizzare in modo esasperato la propria economia può diventare quasi un cinismo vessatorio.


Abbiamo come esempio più recente il matrimonio di Messi, il calciatore che ha dato disposizione agli invitati di non fare regali ma beneficenza: il risultato è stato esiguo e ha dimostrato una certa piccineria e una sottile pochezza di contenuti da parte della corte degli invitati. Molti personaggi soprattutto del grande mondo del gossip in realtà fanno a gara per comparire e mostrare la ricchezza raggiunta. Ci sono i simboli: lo yacht, le spiagge incontaminate, le auto, le case e i viaggi. I ricchi amano stare tra di loro, circoli e circolarità controllate e controllabili, sono tutti antagonisti della generosità.


La generosità, in ogni caso, è un atteggiamento che sta alla base dell’essere altruisti, è la sensibilità che si acquisisce con un’educazione che dà valore a quell’idea fondamentale di non essere un’unica soggettività, ma parte del mondo globale. Il tirchio è quello che fa sempre finta di aver dimenticato il portafoglio, quello che ricicla i regali, quello che non ti invita mai a casa, quello che di fronte alla richiesta di beneficenza si sente quasi morire, quello che giudica in base alla situazione sociale ed economica. Il tirchio soffre di fronte alla generosità perché ha l’idea che il proprio denaro gli scappi proprio dalle sue tasche. Messi ha sottovalutato la vera anima dei propri invitati. Se ne conosceva la struttura psicologica dove importante è essere, ma non dare, doveva stabilire una cifra minima come forma di regalo. Altro personaggio ingombrante del nostro tempo è Vacchi. Spopola tra i tatuaggi e dispensa selfie sulla sua vita da ricco, un personaggioche sicuramene desta perplessità con questo bisogno di dimostrare tutti gli eccessi possibili di una ricchezza in ogni caso effimera. Vacchi rappresenta il simbolo del mostrare senza l’essere. E ci sono poi gesti semplici, quelli di un povero che restituisce un portafoglio, il bambino che divide la propria merenda con un altro che ne è privato, la gente qualsiasi che fa la spesa per chi non ce la fa, ci sono persone invisibili che pagano le bollette o piccole cose per tante famiglie
che non sono in grado di affrontare il futuro, azioni delicate, invisibili. Sono tutte quelle che servono a far stare un po’ meglio chi sta peggio. Essere generosi non prevede la restituzione di ciò che si da, di ciò che si fa. È un atteggiamento della nostra mente libera dal bisogno di accumulare, trattenere, quel disastroso sentimento che è la sfiducia e che fa diventare l’umanità arida e incapace di capire che per essere generosi con gli altri dobbiamo esserlo ancora di più verso noi stessi, non per giustificare ma per poterci migliorare.


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