L’eroina offesa di Jennifer Kent E alla regista insulti in sala

“The Nightingale” è una storia di omicidi e soprusi All’anteprima stampa un giovane lancia offese La Biennale lo espelle

VENEZIA

La prima, ultima e unica donna in concorso a Venezia 75, l’australiana Jennifer Kent, paladina dell’eguaglianza, anima femminista, sbarca al Lido con un film forte e violento, “The Nightingale”, in cui la protagonista, oltre a essere testimone della brutale uccisione del marito e della figlioletta, viene ripetutamente stuprata. La donna offesa sul grande schermo passa simbolicamente il testimone alla regista, a sua volta pesantemente insultata alla proiezione di mercoledì sera in Sala Darsena, dove, verso la fine del film, dalla platea si è levato un orrendo “Vergogna, putt…fai schifo”.

Ieri mattina il critico urlatore si è autodenunciato su Facebook e la Biennale, stigmatizzando con un tweet “il fatto deplorevole”, ha subito provveduto a ritirargli l’accredito stampa. «Ovviamente non penso e non ho mai pensato le cose che ho detto» ha scritto Sharif Meghdoud, torinese, collaboratore di alcuni siti web e aspirante regista. «È stato un rigurgito uscito da una bocca che non pensava né a quello che diceva né alle relative conseguenze. Il gesto non è da pensare come un attacco maschilista o misogino, le scelte delle parole sono importanti, è vero – soprattutto all’interno del clima attuale – e la parola poteva essere quella come un’altra». Quindi le scuse alla Biennale e alla regista gli auguri «per una splendida carriera».



Jennifer Kent, accolta in conferenza stampa da un applauso probabilmente superiore alla qualità del suo film, magnanimamente perdona. «È fondamentale reagire con compassione e amore all’ignoranza, le altre opzioni non danno alcun sollievo» dice la regista. «Io sono orgogliosa del mio film e delle persone che hanno lavorato con me». Il primo pensiero è naturalmente per i suoi attori: Sam Claflin, Baykali Ganambarr e soprattutto Aisling Franciosi.

«Dopo aver letto le prime quindici pagine, avevo deciso che avrei combattuto fino alla morte pur di avere questa parte» dice l’attrice italo-irlandese con accento milanese. Il suo ruolo è quello di Claire, che nel mondo di soprusi a donne e aborigeni nella Tasmania di fine Ottocento, decide di vendicarsi dell’uccisione del marito, della bimba di pochi mesi e delle violenze subite. «Ho lavorato molto sulla ricerca nell’ambito dell’abuso femminile, della violenza sessuale, dei sintomi post trauma» continua Franciosi. «Ho parlato con molte vittime, ho frequentato i centri sociali ed è impossibile non sentire sul corpo tutto quel dolore».



La formazione horror della regista dalla filmografia essenziale – due cortometraggi, una serie tv e il fortunato “Babadook” definito da Stephen King “molto agghiacciante” – si riversa nelle scene più crude di “The Nightingale”: «Spero che nel mio film la bellezza e la violenza convivano. Siamo tutti in qualche modo anestetizzati di fronte alla violenza, che è una cosa terribile. È importante, per me, poter fare film sulle cose che mi interessano davvero, come il razzismo, la discriminazione, la violenza».

Poi c’è il fatto di essere l’unica in concorso. «Non è una cosa che mi dà gioia, avrei voluto che le sorelle registe che conosco fossero con me. La parità di genere è fondamentale; se nel mondo le donne sono il 50 per cento significa che il cinema non fa il suo lavoro. Non è però solo un problema di rappresentanza femminile; manca la giusta rappresentazione dei cineasti provenienti dai Paesi in via di sviluppo, delle origini indigene o di chi non ha un genere sessuale definito. Io mi sento fortunata: provengo da un luogo in cui non ci è stato impedito nulla, anche grazie ai miei genitori. Ma la strada è lunghissima». —





Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova