L’Olimpico di Tiepolo negli affreschi strappati alla guerra

Consegnate dagli eredi al Palladio Museum di Vicenza le opere di Giandomenico per palazzo Valmarana-Franco 
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Ci sono tante storie che si incrociano, in questo “Tiepolo segreto” che viene svelato da oggi al pubblico nella Sala delle Arti del Palladio Museum, a Vicenza. C’è una storia di arte, con un figlio che sembra liberarsi dalla presenza del padre pur restando fedele al suo insegnamento; c’è un incrocio di eccellenze laddove un pittore di nome Tiepolo si confronta con un architetto chiamato Palladio. C’è una storia di guerra e di un destino che pesca dal mazzo carte di devastazione o di sopravvivenza; e infine c’è un gesto che suggella il tutto con un insegnamento di straordinaria civiltà: avere un patrimonio e decidere - anziché nasconderlo, anziché magari venderlo e goderne gli abbondanti frutti - di metterlo a disposizione della collettività.


“Tiepolo segreto” sono sette affreschi, realizzati da Giandomenico Tiepolo per palazzo Valmarana-Franco di Vicenza, tre anni dopo la morte del padre Giambattista e vent’anni dopo la straordinaria decorazione di Villa Valmarana ai Nani. Giustino Valmarana aveva chiesto gli affreschi per la villa a Giambattista Tiepolo, Gaetano Valmarana commissionò al figlio Giandomenico la decorazione del palazzo in occasione delle nozze. E se nella dimora suburbana a poca distanza dalla Rotonda palladiana i Tiepolo celebrano la naturalezza di una vita “moralizzata” in campagna, vent’anni dopo, in città, tutto cambia. A poca distanza dal Teatro Olimpico, Tiepolo figlio concepisce una riedizione in pittura dell’opera palladiana, dimenticando le luminose scene agresti e riferendosi al teatro all’antica di Palladio per raccontare le gesta di Ercole con un linguaggio aulico e monocromo. Sembra quasi che, chiamato a confronto con Palladio, Tiepolo perda la sua esuberanza, controlli i suoi registri espressivi e cada vittima di quella che a Vicenza è detta la benedizione-maledizione: chiunque operi nell’arte in questa città, con Palladio deve fare i conti.


Ecco Ercole, possente. Ma ecco soprattutto - stupefacenti ed emozionanti come li definisce il professor Guido Beltramini, direttore del Cisa Andrea Palladio - i fauni e i satiri, e la spettacolare “Satiressa con il tamburello”, alle cui spalle si proietta un’ombra densa di significati.


Guardare questi affreschi, ammirarli nella loro grandezza, assorbirne tutta la luce e la potenza espressa solo dalla fattura poiché non c’è colore che distragga e l’occhio, è già di per sé una fortuna: per un caso che si gioca sulla distanza di pochi metri, scamparono durante la seconda guerra mondiale a un bombardamento che sbriciolò il palazzo confinante. Fu allora, quando la dimora tremò alle fondamenta ma restò integra, che la famiglia Franco prese una decisione audace e necessaria: mettere in salvo quei capolavori. Staccarli dalle pareti e portali via, aspettando tempi migliori per l’umanità tutta, e anche per l’arte. Non era un’operazione priva di rischi, ma tenerli lì, nel cuore di una città sotto bombardamento, non poteva certamente dirsi più sicuro.


«Grazie allo straordinario lavoro svolto da Fabrizio Magani, soprintendente per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, tutta la vicenda è stata ricostruita nei dettagli» spiega il professor Beltramini. «Sappiamo che furono staccati dopo il bombardamento del 18 marzo 1945».


Fu adottata la tecnica della colla e delle tele: cosparse le pareti affrescate di uno speciale materiale colloso, vennero applicate le tele poi “strappate”, in un procedimento del quale è facile immaginare la portata emotiva. Dal muro si staccarono come una sottile pelle. «Le tele, arrotolate in tubi, furono portate prima al seminario vescovile di Vicenza, poi al Benedetto Marcello di Venezia, considerata la città più sicura». Da lì, finita la guerra, tornarono ai proprietari dopo essere state restaurate dal professor Pedrocco.


Potevano rimanere per sempre un blasone di famiglia, un ricco lascito della storia. Oppure - è già accaduto e sicuramente accadrà ancora - potevano finire sul mercato: nel 2008, alcuni pezzi di affresco di Tiepolo sono stati venduti da Christie’s per 550 mila euro. Ma qui si inserisce l’ultimo capitolo della storia: la scelta di Camillo e Giovanni Franco, attuali proprietari degli affreschi (e nipoti di Fausto Franco, che nel 1945 in qualità di Soprintendente ai Monumenti, seguì direttamente le operazioni di salvataggio delle opere).


I Franco hanno scelto di donare le opere alla collettività, individuando nel Palladio Museum la sede ideale per la conservazione e la fruizione. «Siamo orgogliosi di poter contribuire alla cultura della nostra città» dicono «con una parte della storia della nostra famiglia». «Un gesto di grandissimo valore civico» lo definisce il professor Beltramini. Tecnicamente, è stata scelta la formula del “deposito rinnovabile per dieci anni”; di fatto, nello spirito dei Franco, si tratta di una vera donazione. Che, per il Palladio Museum e la sua ormai consolidata fama, fa seguito ad altre donazioni importanti, come la raccolta dei disegni consegnata dai Papafava dei Carraresi.


Allestite nella Sala delle Arti, le opere si possono vedere da oggi in mostra. Il Museo, in Contra Porti, è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18. La mostra è accompagnata da un catalogo con contributi di Fabrizio Magani, Guido Beltramini, Luca Fabbri, Maristella Vecchiato e Giovanna Battista. Palladio Museum e Villa Valmarana ai Nani, per ampliare la conoscenza sull’artista, offrono una reciproca riduzione sui biglietti d’ingresso.


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