Matheuz torna sul podio alla Fenice con Schumann e Rachmaninov

VENEZIA. Come il connazionale Gustavo Dudamel, il direttore d’orchestra Diego Matheuz è uno degli straordinari frutti del sistema di formazione musicale messo a punto in Venezuela da Antonio Abreu,...

VENEZIA. Come il connazionale Gustavo Dudamel, il direttore d’orchestra Diego Matheuz è uno degli straordinari frutti del sistema di formazione musicale messo a punto in Venezuela da Antonio Abreu, di cui Claudio Abbado è stato uno dei più autorevoli sostenitori. Dal 2011 al 2015 la Fenice ha scelto Matheuz come direttore principale. Anche adesso che l’incarico è terminato, il trentaduenne direttore trova spiragli nel suo calendario, fitto di impegni internazionali, per tornare a Venezia e questa sera, alle 20 (replica domenica, alle 17) dirigerà un concerto con musiche di Robert Schumann e Sergeij Rachmaninov. Parteciperà all’esecuzione integrale delle quattro Sinfonie schumanniane, dirigendo la Seconda. Il compositore di Zwickau scrisse ininterrottamente per pianoforte fino all’opera 23, poi riversò nel canto il suo dirompente amore per Clara Wieck e solo poi si dedicò all’orchestra. Per questo c’è chi si è sentito autorizzato a “correggere” le sue partiture, incluso direttori celebri come Mahler, Weingartner, Nikisch, Celibidache. La Fenice, presentando anche le integrazioni mahleriane, dà conto di interventi che si sono ormai storicamente consolidati.

Il programma proseguirà con il Quarto Concerto per pianoforte e orchestra di Sergeij Rachmaninov. Il solista sarà Boris Petrušansky, nato in Russia, ma ormai italiano di adozione fin dal 1991. La sua formazione è avvenuta al Conservatorio di Mosca, avendo la formidabile opportunità di essere allievo di Heinrich Neuhaus, il mitico maestro di Richter e Gilels. Se il Secondo Concerto di Rachmaninov è celeberrimo grazie a decine di colonne sonore (ne parla anche Marylin Monroe in “Quando la moglie è in vacanza”), se il Terzo è l’ossessione del pianista David Helfgott nel film “Shine”, il Quarto, che debuttò a Filadelfia, nella Symphony Hall, 18 Marzo 1927, con l’autore al pianoforte e Leopold Stokowski sul podio, oggi è poco frequentato. Ma coloro che amano l’indimenticato Arturo Benedetti Michelangeli, hanno in mente le magie che il pianista bresciano sapeva trarne, fissate anche su disco con il direttore veneziano Ettore Gracis.

Massimo Contiero

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