Negli abissi dell’animo con capitan Preziosi «Indago la malvagità con un filo di speranza»

intervista
Alessandro Valenti
“Laggiù soffia! Laggiù soffia! La gobba come una montagna di neve! È Moby Dick!”. Alessandro Preziosi porta domani alle 21 in Piazzetta Teatro a Mogliano la sua versione di “Moby Dick”, il capolavoro di Herman Melville, scritto nel 1851 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1932 nell’ineguagliabile traduzione di Cesare Pavese. Per l’unica data nel Veneto l’attore napoletano, classe 1973, pone prestigiosa griffe al Tema Cultura Festival ponendosi al fianco del capitano Achab per accompagnare gli spettatori in un viaggio che, oltre agli abissi del mare, vuole toccare anche gli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che della balena bianca hanno fatto un mito moderno.
Perché Moby Dick capolavoro della cosidetta “American Renaissance?
«La scelta nasce dall’idea di raccontare il rapporto dell’uomo con il male. Un mondo da evocare, quasi una tragedia greca con la vendetta posta alla guida della mutazione dei sentimenti».
Come sente il protagonista, il capitano Achab?
«Un uomo immerso in una solitudine cosmica, un uomo che vive 40 anni in mezzo al mare, una specie di Prometeo, per il quale la balena rappresenta l’Assoluto che l’uomo insegue e non può conoscere mai».
Da tempo ha intrapreso la forma teatrale del monologo. Quali i motivi?
«Il narrare dà all’attore la possibilità di affrontare più aspetti del tema prescelto e porta a una significativa condivisione tra chi recita e il pubblico»
In Moby Dick descrive la parte malvagia dell’uomo?
«Sì, quella malvagia che però non è invincibile. Lascia un filo di speranza».
C’è una osmosi tra il suo precedente “Van Gogh, l’odore assordante del bianco” e la storia di Melville?
«Il bianco è l’inizio della fine. Da un lato la tela, il lenzuolo bianco, dall’altro la balena, lo squalo bianco. Li accomuna la tenebrosità del bianco. Nel bianco l’uomo perde la bussola del suo istinto, del suo essere. In entrambi questi lavori ho avvertito la devastante neutralità del vuoto».
Dai tempi dei suoi esordi nel mondo dello spettacolo cosa è cambiato?
«È cambiata l’attenzione che si pone a chi recita. È tutto preda di una strana velocità, di una liquidità che sembra suggerire un’indolenza apatica, abulica».
Laureato in giurisprudenza. Perché fare l’attore?
«Quando andavo a scuola mi piaceva il Rinascimento e l’Umanesimo. Poi ho voluto conoscere meglio la mia cultura e in questo senso più che le pandette mi ha ispirato la storia del teatro e della letteratura. Fare l’attore per me è conoscere meglio la vita o, scherzando, è un modo per non stare a casa».
Tra i numerosi premi ricevuti l’ultimo in ordine di tempo è il “Napoli per l’Eccellenza – civicrazia alla carriera e all’impegno sociale.
«Accanto all’attore vive un uomo che da 15 anni aiuta a raccogliere fondi per i bambini malati di leucemia, Il premio mi gratifica per l’opera che facciamo in un’associazione e penso con ciò di fare solo la metà dei mio dovere».
In caso di maltempo lo spettacolo si terrà al Cinema Teatro Busan, sempre di Mogliano. Info e biglietti: tel. 3462201356 temaculturafestival@gmail.com. —
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