Nello scrigno di bellezza di Gilmo Bertolini altare del palco della tradizione popolare

Ritratti, costumi e copioni ornano lo studio dell’attore padovano scomparso a febbraio, raccontando un pezzo di storia
ZANETTI - AGENZIA BIANCHI-PADOVA - ABITAZIONE DI GILMO BERTOLINI
ZANETTI - AGENZIA BIANCHI-PADOVA - ABITAZIONE DI GILMO BERTOLINI



In via Rudena, a metà strada tra la casa natia del Ruzante e il Santo, a metà strada tra due grandi amori, il teatro e la devozione per il Taumaturgo, si conserva uno scrigno di bellezza. Era lo studio di Gilmo Bertolini, un pezzetto di storia padovana: simbolo della cultura cittadina, ultimo interprete ruzantiano, padovano eccellente e sigillo d’oro (nel 2011). Sotto la volta di una magnifica pietra cinquecentesca sono conservati ritratti, fotografie, costumi di scena, copioni e locandine. Un altare del palcoscenico della tradizione popolare veneta, dove si respirano Ruzante e Goldoni. I nipoti di Gilmo l’hanno scoperto dopo la sua morte, lo scorso 6 febbraio.

Ci riceve Lorella Bertolini, figlia del fratello Silvano, una delle nipoti più vicine allo zio, aprendo armadi che custodiscono l’intera vita artistica del famoso interprete. Siamo entrati in punta di piedi, grazie all’Associazione Vecia Padova, della quale non solo Gilmo faceva parte, ma era amico fraterno del presidente Antonio Toninello. «Qui zio Gilmo avrà dormito si e no tre volte, eppure è qui che ha scelto di custodire i suoi ricordi più cari». Lorella ci accoglie su un uscio condiviso con il condominio di via Rudena e che straripa di fotografie e manifesti delle rappresentazioni di Gilmo. Molte delle scene sono divise con l’attrice Daniela Boldrini, amica carissima oltre che – dal 1991 – compagna di scena. Ogni passo che avvicina al “rifugio” dell’artista fa crescere un’attesa struggente, tra dipinti del Santo, immagini sacre, mobili antichi che aspettavano di essere ristrutturati e piante che hanno conosciuto generose fioriture.

sipario su una vita

Varcare l’entrée significa accedere ad un altro tempo, un tempo elegante scandito da mobili di pregio, poltroncine in miniatura e armadi che nascondono cucine. Una sorpresa dietro l’altra di perfezione e minuziosa cura: dietro un armoire veneziano color acqua marina c’è un cucinino e nelle ante sono riposti eleganti bicchieri di cristallo. Qui è allestita la personale di Gilmo, dove il ricordo di lui è assoluto protagonista: un patrimonio che cavalca il tempo, dal 1959 al 2018, tutto certosinamente archiviato, protetto, raccontato: centinaia di copioni; note spese; articoli di giornali, compreso quello del 1959 che annuncia la nascita del primo Teatro cittadino di cui il suo Teatro da camera ne è perfetta epifania. La toilette all’ingresso è un altare di fotografie: fra i tanti un giovanissimo e fascinoso Vittorio Gassmann; il genio Ennio Morricone; il suo prof dell’Università, Gian Franco De Bosio; la mezzosoprano Lucia Valentini con il marito Alberto Terrani; la soprano Mara Zampieri; Pierre Cardin al Grand hôtel Orologio.

Sopra Gilmo aveva fatto realizzare un piccolo soppalco per una camera da letto incastonata nella pietra viva del Cinquecento. E ancora, il guardaroba dei cappelli, quelli privati e quelli da palcoscenico; i costumi di scena impreziositi da pietre, ricami e laboriosi ornamenti; le collezioni di libri, da Goldoni alle poesie venete. Un patrimonio al quale è interessata la stessa Università. Mentre l’associazione Vecia Padova pensa al futuro, a come conservare e valorizzare questa straordinaria eredità. Magari con una mostra, magari permanente; magari con l’intercessione dell’amministrazione. Lo sguardo corre voracemente tra ritratti e libri e cade su un pezzo di rara bellezza: un pozzo cinquecentesco perfettamente conservato. Davanti un leggio che narra al visitatore la vocazione stessa di questo piccolo bureau: «Questo mio studio-salotto è una sorpresa che va festeggiata con un brindisi», è il 1993, a scrivere la prima pagina del grande libro dei ricordi è proprio Gilmo che dà il benvenuto ai suoi ospiti. «Qui ho raccolto gli oggetti e i mobili, i copioni e i manifesti, i giornali e le riviste di teatro di tutta la mia carriera. Arte e teatro sono stati i miei unici compagni fin dall’infanzia. Mi hanno aiutato a vivere e a credere nel bello della vita. La vita è come un gioco tra maschere e costumi. Era il mio sogno di bambino ed è stato anche il mio sogno nella vita perché l’esistenza non è altro che un gioco». —



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