Pugni all’anima Quando il bullismo è al femminile
Le scrittrice trevigiana Da Ros nel nuovo romanzo affronta il tema dal punto di vista delle ragazze

«In classe non le parlavo più, facevo finta di non vederla». Qualcosa si rompe tra Giada e Stefania, amiche del cuore, eterne compagne di banco dai tempi dell’infanzia. La colpa è del bullismo che s’insinua a devastare la loro amicizia, fino a portarle a toccare il fondo. Si cala nella profondità più dolorosa di molti adolescenti il romanzo “Bulle da morire”, scritto dalla giornalista trevigiana Emanuela Da Ros per Feltrinelli (collana Up), che indaga il problema da un’angolatura molto particolare: il bullismo in rosa. Fenomeno certo meno diffuso della versione maschile, ma non meno pericoloso con il suo carico di spietatezza e sofferenza.
«Il bullismo compiuto dai ragazzi è fatto di aggressioni fisiche, quello attuato dalle ragazze è più sottile, psicologico, consiste nel diffondere notizie false, maldicenze oppure confidenze riservate, ed è ancora più tremendo dato che accade proprio nel momento in cui l’adolescente forma la sua personalità», spiega l’autrice.
Parole e silenzi non lasciano lividi sulla pelle, sfregiano direttamente l’animo, infrangono sogni e autostima. Nel romanzo accade a Giada, presa di mira dalle due compagne più belle e temute del liceo. Il crescendo di cattiverie filtra nel libro di Da Ros con il tono intimo del diario scritto con gli occhi di Stefania, l’ex migliore amica di Giada. Pagina dopo pagina emergono la contraddizione dei suoi sentimenti, la difficoltà di aiutare il singolo per non essere emarginati dal resto del gruppo. Dinamiche frequenti tra le giovani generazioni e amplificate dall’uso delle nuove tecnologie. «Questo libro è dedicato ai miei studenti ed è nato grazie al tema di una mia ex alunna che ha raccontato la sua esperienza di giovane bullizzata alle medie. Oggi è una ragazza solare che ha superato quel passato, ma il fatto di essere riuscita a esternare quello che aveva provato è stato lo spunto per mettermi a scrivere» aggiunge Da Ros.
Il libro ripercorre un copione noto, ponendo l’accento su un aspetto spesso tralasciato: non esistono solo vittima e carnefici. Stefania, la voce narrante del romanzo, è l’altra faccia del bullismo: veste i panni di chi diventa complice per non restare a sua volta escluso. «Il personaggio di Stefania sta nella palude dove si trova la maggior parte dei ragazzini che, pur essendo consapevoli che è sbagliato quanto sta subendo il loro amico, vivono il conflitto interiore ma finiscono per schierarsi con i più forti» spiega la scrittrice. Altre sfaccettature si aggiungono se si guarda al ruolo degli insegnanti e alla difficoltà dei genitori nel capire cosa sta accadendo ai figli. «In generale c’è poca attenzione da parte degli adulti e una certa arrendevolezza nella gestione di situazioni complesse» sottolinea Da Ros «da una parte la categoria degli insegnanti ha perso parte del suo prestigio sociale, dall’altra alcuni genitori vivono un’adolescenza prolungata che impedisce di guardare ai figli con la determinazione di prendere in esame i problemi. Sono io la prima ad essere una mamma imperfetta».
Il bullismo è sempre esistito, oggi l’Italia si è dotata di una legge per contrastarlo, ma no basta secondo Da Ros. «Istituzionalizzare il problema è come mettere dei cerottini su una piaga che è diventata un bubbone. Da mamma, prima ancora che da scrittrice, mi auguro che questo romanzo possa insegnare ai ragazzi a riflettere e a riconoscere la violenza, ma anche l’aggressività, la stupidità e la paura di fondo di chi non è aguzzino. Creare una sensibilità individuale e collettiva è la chiave per accendere una luce su quello che accade». Riscatto e speranza, con un finale inaspettato: dopo il buio un foglio bianco per ricominciare.
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