Quel marchio di sconfitta che è si fatto fashion Da Caino ai giorni nostri, storia del tatuaggio

MESTRE. Dalle mummie ai calciatori, la storia dei tatuaggi non si esaurisce con le mode del momento: è stata marchio di sconfitta, simbolo di poteri taumatugici, segno di ribellione, di appartenza. È sempre stato un fenomeno legato a forme di marginalità sociali – secondo la Genesi, il primo tatuato nella storia è Caino – ma al tempo stesso è una forma d’arte e un grande fenomeno di massa.
M9 – Museo del’900 a Mestre ai tatuaggi dedica una mostra: è “Tattoo. Storie sulla pelle”, si potrà visitare al terzo piano del Museo dal 5 luglio al 17 novembre. Curata da Luca Beatrice e Alessandra Castellani, con la collaborazione di Luisa Gnecchi Ruscone e Jurate Piacenti, la mostra nasce dal lavoro di studio e ricerca sviluppato lo scorso anno dalla Fondazione Torino Musei al Mao – Museo d’Arte Orientale, ora ampliato e aggiornato con contributi inediti.
anche le mummie
I tatuaggi vengono esaminati dal punto di vista antropologico, storico, artistico e sociale a partire dalle immagini rinvenute sulle mummie per comprendere il tema del tatuaggio nell’antichità, marchio degli sconfitti (sia schiavi che fuori legge) ma anche elemento per identificare presunti poteri taumaturgici e curativi. La pratica del tatuaggio non è mai scomparsa dal vecchio continente e l’aura di repulsione, estraneità e fascinazione nei suoi confronti è stata ripresa e ampliata nel Settecento, quando i navigatori europei che raggiungono il Sud-est asiatico e l’Oceano Pacifico entrano in contatto con popoli che praticano in maniera estensiva il tatuaggio: la parola “tattoo” ha infatti origine polinesiana.
L’idea della condizione “selvaggia” del tatuaggio è ripresa nell’Ottocento dall’antropologo Cesare Lombroso, che riconduce la condizione dei criminali tatuati a quella dei cosiddetti primitivi, collocando per la prima volta in ambito scientifico questa pratica descritta da viaggiatori e esploratori.
Il millenario percorso del tattoo continua nel Novecento, quando nella seconda metà del secolo comincia ad essere praticato e interpretato prima come forma simbolica di ribellione e infine come segno diffuso soprattutto tra i giovani, tanto da diventare un vero e proprio fenomeno di massa e moda.
Maiali e street art
In mostra, uno spazio sarà dedicato ai tatuatori contemporanei con lavori noti per il ruolo cruciale nella scena contemporanea e nella diffusione della cultura del tatuaggio: da Tin-Tin, a Filip Leu e a Horiyoshi III. A questi sono affiancati i lavori di altri tatuatori sia italiani che stranieri – come Nicolai Lilin e Claudia De Sabe. Numerose le opere di artisti contemporanei internazionali: il fiammingo Wim Delvoye, che ha tatuato grossi maiali non destinati all’alimentazione; lo spagnolo Santiago Sierra, che ne fa un uso fortemente politico; il messicano Dr. Lakra, che si dedica a minuziosi disegni e interventi di street art; l’austriaca Valie Export e la svedese Mary Coble con temi legati al femminismo; l’italiano Fabio Viale con le sculture in marmo di ispirazione classica, ma vistosamente tatuate. Sono esposte anche fotografie di Catherine Opie, Tobias Zielony, Sergei Vasiliev e tra gli italiani, Plinio Martelli, Oliviero Toscani.
La mostra è affiancata dalle immagini di Tattoo Off, esposizione a cura di Massimiliano Maxx Testa organizzatore della Venezia International Tattoo Convention, che ha selezionato alcuni tra i più importanti tatuatori internazionali, creatori di nuovi stili. —
A. SAN.
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