Quel marchio di sconfitta che è si fatto fashion Da Caino ai giorni nostri, storia del tatuaggio

Antropologia, arte, fenomeno sociale: l’M9 di Mestre ospita un’esposizione nata da un lungo lavoro di ricerca
Tattooing (Togwin), In Burma tattooing is seen as an initiation ceremony, particularly in the Shan States where patterns may occur over the whole body, not just the legs, though from the knee to the waist is customary pre or post monastic initiation. Tattooing is thought to confer immunity (against weapons) and bravery. This image was taken circa 1890-99, Myanmar, 1890. (Photo by Max and Bertha Ferrars/Royal Geographical Society/Getty Images)
Tattooing (Togwin), In Burma tattooing is seen as an initiation ceremony, particularly in the Shan States where patterns may occur over the whole body, not just the legs, though from the knee to the waist is customary pre or post monastic initiation. Tattooing is thought to confer immunity (against weapons) and bravery. This image was taken circa 1890-99, Myanmar, 1890. (Photo by Max and Bertha Ferrars/Royal Geographical Society/Getty Images)

MESTRE. Dalle mummie ai calciatori, la storia dei tatuaggi non si esaurisce con le mode del momento: è stata marchio di sconfitta, simbolo di poteri taumatugici, segno di ribellione, di appartenza. È sempre stato un fenomeno legato a forme di marginalità sociali – secondo la Genesi, il primo tatuato nella storia è Caino – ma al tempo stesso è una forma d’arte e un grande fenomeno di massa.

M9 – Museo del’900 a Mestre ai tatuaggi dedica una mostra: è “Tattoo. Storie sulla pelle”, si potrà visitare al terzo piano del Museo dal 5 luglio al 17 novembre. Curata da Luca Beatrice e Alessandra Castellani, con la collaborazione di Luisa Gnecchi Ruscone e Jurate Piacenti, la mostra nasce dal lavoro di studio e ricerca sviluppato lo scorso anno dalla Fondazione Torino Musei al Mao – Museo d’Arte Orientale, ora ampliato e aggiornato con contributi inediti.

anche le mummie

I tatuaggi vengono esaminati dal punto di vista antropologico, storico, artistico e sociale a partire dalle immagini rinvenute sulle mummie per comprendere il tema del tatuaggio nell’antichità, marchio degli sconfitti (sia schiavi che fuori legge) ma anche elemento per identificare presunti poteri taumaturgici e curativi. La pratica del tatuaggio non è mai scomparsa dal vecchio continente e l’aura di repulsione, estraneità e fascinazione nei suoi confronti è stata ripresa e ampliata nel Settecento, quando i navigatori europei che raggiungono il Sud-est asiatico e l’Oceano Pacifico entrano in contatto con popoli che praticano in maniera estensiva il tatuaggio: la parola “tattoo” ha infatti origine polinesiana.

L’idea della condizione “selvaggia” del tatuaggio è ripresa nell’Ottocento dall’antropologo Cesare Lombroso, che riconduce la condizione dei criminali tatuati a quella dei cosiddetti primitivi, collocando per la prima volta in ambito scientifico questa pratica descritta da viaggiatori e esploratori.

Il millenario percorso del tattoo continua nel Novecento, quando nella seconda metà del secolo comincia ad essere praticato e interpretato prima come forma simbolica di ribellione e infine come segno diffuso soprattutto tra i giovani, tanto da diventare un vero e proprio fenomeno di massa e moda.

Maiali e street art

In mostra, uno spazio sarà dedicato ai tatuatori contemporanei con lavori noti per il ruolo cruciale nella scena contemporanea e nella diffusione della cultura del tatuaggio: da Tin-Tin, a Filip Leu e a Horiyoshi III. A questi sono affiancati i lavori di altri tatuatori sia italiani che stranieri – come Nicolai Lilin e Claudia De Sabe. Numerose le opere di artisti contemporanei internazionali: il fiammingo Wim Delvoye, che ha tatuato grossi maiali non destinati all’alimentazione; lo spagnolo Santiago Sierra, che ne fa un uso fortemente politico; il messicano Dr. Lakra, che si dedica a minuziosi disegni e interventi di street art; l’austriaca Valie Export e la svedese Mary Coble con temi legati al femminismo; l’italiano Fabio Viale con le sculture in marmo di ispirazione classica, ma vistosamente tatuate. Sono esposte anche fotografie di Catherine Opie, Tobias Zielony, Sergei Vasiliev e tra gli italiani, Plinio Martelli, Oliviero Toscani.

La mostra è affiancata dalle immagini di Tattoo Off, esposizione a cura di Massimiliano Maxx Testa organizzatore della Venezia International Tattoo Convention, che ha selezionato alcuni tra i più importanti tatuatori internazionali, creatori di nuovi stili. —

A. SAN.

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