Saluti dalla storia Quando Venezia era davvero una città da cartolina

Oltre 6 mila e 500 immagini donate alla Fondazione Cini  il filo che ricostruisce un tessuto urbano ormai perduto

VENEZIA

Voglia di Venezia alla Fondazione Giorgio Cini, quella Venezia che non c’è più, elegante, storica, autentica; quella del “come eravamo” popolata da migliaia di residenti, non assaltata da milioni di turisti, con tanto artigianato e nessuna paccottiglia; quella che riporta tra i banchetti dei venditori di frutta per il Redentore, il Padiglione dei Vetrai a un’Esposizione di Torino, il leone listato a lutto per il crollo del campanile (14 luglio 1902) e la sua inaugurazione (25 aprile 1912), l’elezione di Papa Pio X (4 agosto 1903), i lavori per difendere la facciata della Basilica di San Marco dalla guerra (settembre 1916), la laguna ghiacciata (inverno 1929) con i veneziani che arrivavano a piedi alle isole più vicine, San Michele e Murano.



Ora la città è altro, ed è forte la voglia di quella Venezia che si ritrova in 16 faldoni, 6 mila 602 cartoline di pregio e rarità pubblicate da editori italiani e stranieri, dal veneziano Pietro Brasolin allo svizzero Carl Kunzli. È un dono di Bruno De Blasi e di due anonimi appassionati acquisito di recente dalla Fondazione Giorgio Cini; una raccolta – probabilmente la più grande del mondo – entrata a far parte delle collezioni documentali della prestigiosa istituzione veneziana. Gli scatti sono stati realizzati da famosi fotografi come Tomaso Filippi, Carlo Naya e le illustrazioni da artisti come Tafuri.

Le istantanee documentano il tessuto urbano, la vita della città e della laguna: il vivace mercato del pesce, accanto quello affollato della “suca baruca” (zucca a polpa gialla dalla buccia verde-grigia), le impiraresse e le merlettaie sedute davanti alle loro abitazioni, le lavandaie mentre stendono i panni nei campielli. Nella collezione si ritrovano monumenti, edifici, chiese, ponti, quello di Rialto, della Libertà con il filobus, degli Scalzi (il primo) costruito nel 1858 dall’ingegnere inglese Alfred Neville sotto la dominazione asburgica; era in ghisa a struttura rettilinea. Una cartolina riproduce il Bacino Orseolo nelle immediate vicinanze di Piazza San Marco dove si stagliano un ristorante, ora vi è l’Hard Rock Cafe, e l’antico albergo Pilsen sostituito dall’attuale megastore Zara, un negozio di oltre 3mila metri quadrati sviluppato su quattro piani.



Nella raccolta sono illustrate anche opere d’arte di Chagall, De Chirico, de Pisis; le attività industriali e commerciali, la cantieristica navale, gli avvenimenti, le feste, i costumi di Venezia ma anche di Pellestrina, Chioggia, Sottomarina. I loro confini svaniscono in cesti di vimini, scialli di lana, ventagli di seta, copricapi di feltro e saluti, baci, abbracci. Numerose cartoline sono all’insegna dell’ironia, altre riportano sonetti di Rafa, il poeta dialettale veneziano Raffaello Michieli. Le sue impressioni sullo squero di San Trovaso: “Tre case ridossae una su st’altra come tre disgraziae che se conforta e se daga coragio una co l’altra; un pergolo de legno incariolà da no fidarse de montarghe suso, vecio, stravecio, nero, infumegà”.

Voglia di Venezia, di storia e di cultura. —





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