Sartori, l’emozione e gli applausi della Scala «Orgoglioso e spossato, ringrazio mio padre»

Il tenore trevigiano che ha dato a Foresto un colore e una personalità potenti ha ricevuto i complimenti di Chailly e gli elogi della critica 

l’intervista

Fabio Sartori, tenore trevigiano, è stato uno dei grandi protagonisti dell’apertura di stagione alla Scala di Milano. Una serata che sarà ricordata a lungo, per la qualità musicale dell’Attila proposto da Riccardo Chailly, accolto dal pubblico con un quarto d’ora di applausi,e per l’ovazione che ha accolto il presidente Sergio Mattarella al suo arrivo nel palco reale. Fabio Sartori ha coperto il ruolo di Foresto; il pubblico lo ha acclamato, la critica lo ha promosso a pieni voti .

Fabio Sartori, il giorno dopo: come ci si sente?

«Orgogliosi e spossati: è stata una marcia di avvicinamento cominciata molto tempo fa. Quando il maestro Chailly quest’estate venne alla Scala, mentre facevo Aida, e mi fece provare “Oh dolore”, quel brano che era stato scritto da Verdi proprio per la Scala e che non era più stato cantato a teatro. Lo registrò Pavarotti ma non lo cantò in teatro».

L’emozione più forte?

«Sono due. La prima è il complimento del maestro Chailly a opera terminata: una pacca sulla spalla e un “Bravo Fabio” pieno di significati: la mia interpretazione l’abbiamo costruita insieme, nota su nota. La seconda, non in ordine di importanza, le lacrime di mio padre al telefono che mi diceva di essere fiero di me. Mio padre cantava in chiesa, ha capito il mio talento e ha fatto tanti sacrifici per farmi studiare canto e musica. Mia madre? Lei è la bersagliera di casa, si occupa che tutto sia posto e che il “toso” non patisca».

La soddisfazione più importante?

«Che i loggionisti non si siano lamentati di nulla. Eppure a guardar bene un paio di note le ho perse per strada. So quanto sono feroci, invece mi hanno fatto “passare” incolume questo esame, sono stati carini. Naturalmente le prossime rappresentazioni saranno più raffinate, senza incertezze di sorta. E del resto non mi sono concesso nulla neanche per la prima».

Ed è stato un successo. Davanti alle telecamere e al Presidente.

«Sì, componenti aggiuntive per l’emozione. Per fortuna non ci sono cascato. Ero concentrato, pieno di energia».

Qualcuno ha scritto che ora Sartori sogna il Metropolitan. Un sogno lo ha?

«Cantare il “Nessun dorma” e l’inno nazionale per le Olimpiadi di Cortina».

Ma non sono decise, ancora.

«Io comunque mi tengo pronto. Il “Nessun dorma” l’ho già cantato al Bolshoi davanti a Putin alla fine dei mondiali di calcio ed è stato bellissimo».

Cosa dice quando le ricordano che se non avesse fatto il cantante lirico...

«...non mi sarei mai mosso dal quartiere di Santa Bona a Treviso e avrei continuato a fare il metalmeccanico specializzato? Niente. Ho visto il mondo, ho cantato dappertutto, ho avuto tanti privilegi che mai mi sarei sognato e sono grato alla vita per avermi dato questa opportunità, a mio padre per avermi spinto con forza, credendo in me, a me stesso per non aver mollato neanche un istante. Sono stato tenace e questa è una caratteristica di noi veneti». —

R.T.

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