Scolli profondi e poco sapone «Vestivamo alla veneziana»

di Roberta De Rossi
La mosca assassina? Il neo posticcio più ammiccante, quello a lato della bocca. La cravatta? Irrompe sulla scena nel Settecento, sottoforma di sciarpina di seta e organza, ma non era un feticcio maschile: la si trovava nel guardaroba degli uomini quanto delle donne. La giacca? fino al Settecento l’usavano solo i militari. L’estetica prima della chirurgia? Seni e polpacci di cartapesta. E sempre benedetta sia Coco Chanel, che dopo aver liberato le donne dallo strazio secolare di busti e corsetti, ha anche sdoganato l’abbronzatura: una vacanza al mare di Francia, e una storia di cipre, biacca, gesso bianco va in archivio.
Pillole qua e là, da “Con stile. Come l’Italia ha vestito (e svestito) il mondo” (Garzanti) ultimo libro del giornalista veneziano Alessandro Marzo Magno, che dopo aver raccontato l’alba dei libri, l’invenzione dei soldi, il genio del gusto, narra ora la storia del vestirsi, truccarsi, lavarsi nel corso dei secoli.
Quand’è che vestirsi diventa moda?
«Fino al ’2-300 non c’è differenza tra uomo e donna, tutti in tunica e solo la cintura a distinguere tra i sessi: in vita per l’uomo, sotto il seno per le donne. Poi via via è stato un crescendo, anche se c’è da dire che fino al Settecento è l’uomo a dettar legge in fatto di stile. La moda inizia a diventare affare delle donne con l’arrivo della borghesia, con le vetrine dei negozi: le donne uscivano per strada e finalmente potevano scegliere. E decidere».
Ed è subito tempo di “fashion victims”.
«In senso letterale: il verde sgargiante che tanto andava di moda tra le donne dell’Ottocento veniva realizzato con l’arsenico, velenoso tanto per chi lo lavorava, quanto per chi lo indossava. Moda letale senza distinzione di sessi, pensando ai cappelli al mercurio per trattare il pelo di coniglio. Tremendamente tossici. Ma anche le scarpe: fino al Seicento la scarpa destra è uguale alla sinistra, obbligando gli uomini a ondeggiare sui loro bastoni e nel Settecento le scarpe dovevano essere strettissime per essere alla moda, con le donne che si strizzavano i piedi fino a star male».
Non ci si lavava granché nel passato e non solo per mancanza d’acqua: si legge che anche Casanova non fosse proprio profumato.
«Nel ’400 la Chiesa fa chiudere tutti i bagni pubblici perché li riteneva - non senza una certa ragione - luoghi di perdizione. Per due, tre secoli non ci si lava più, arrivando a teorizzare che l’acqua facesse male perché dilatava i pori e faceva entrare le malattie: pori che andavano invece ben occlusi con grassi. Così ci si spargeva di profumo».
C’è molta Venezia in questo libro, dalle donne che si facevano i colpi di sole sulle altane per il loro celebererrimo biondo veneziano all’invenzione dei profumi.
«In città si inventarono i primi profumi non più oleosi - facilmente deperibili - ma con base alcolica, utilizzando l’acquavite inizialmente, con relativa invenzione anche della “boccetta” di profumo, che venne realizzata nelle vetrerie di Murano. È interessante che già nel Cinquecento, Venezia fosse celebre nel mondo per i libri di Aldo Manuzio, inventore di “portatili” e corsivo, come pure per essere la patria della produzione del sapone, anche se veniva utilizzato non per lavarsi, ma lana e tessuti».
Si parla molto di petti, seni, tette: c’è quello strizzato in fasce delle donne romane per non apparire barbare, c’è il seno posticcio in cartapesta per decollete esagerati, c’è la scollatura esibita come un’arma politica: e torna ancora Venezia.
«C’è l’aspetto estetico: la “plastica” ante litteram riguardava tanto le donne che in attesa del silicone indossavano nel Seicento protesi di cartapesta dipinte di bianco, tanto gli uomini che già nel ’500 si “rinforzavano” polpacci e sedere sotto la calzamaglia. E c’è poi l’aspetto politico, per il quale l’ostentazione del seno ha un peso notevole. Nel ’5-600 la Spagna era ovunque in Italia tranne che a Venezia: tanto più Madrid vestiva di nero e accollava le sue donne, tanto più Venezia le vestiva con colori cangianti e le scollava, visivamente indipendenti. D’altra parte, la stessa Elisabetta I - da par suo non propensa a scollacciarsi - per rimarcare la forza del regno d’Inghilterra contro la Spagna mise al bando il nero: solo abiti colorati».
In Veneto, Alessandro Marzo Magno presenterà il suo “Con stile” questa sera a Sernaglia della Battaglia (Osteria Pillonetto, ore 20.45); domani a Trevignano (Villa Onigo, 18); mercoledì 11 a Villorba (Libreria Lovat, alle 18) e il 26 maggio a Venezia, alla biblioteca Marciana, alle 17.30.
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