Storia di donne e zie Invito a casa Bruni sotto il sole della Costa Azzurra

Fuori concorso ecco “Les Estivants”, rituali e vacanze di una famiglia ricca e matriarcale che ama raccontarsi

Venezia

Dalla figlioletta alla zia, passando per la madre, le amiche, i domestici e, via via, nella realtà che diventa finzione, la piscina, i vasi di fiori, il pavimento che scricchiola, il tavolo di ferro battuto.

Da sempre proiettata a raccontare la propria vita, nel film “Les Estivants” (Fuori concorso, a dicembre nelle sale) questa volta Valeria Bruni Tedeschi coinvolge l’intera famiglia di donne (tranne la sorella Carla) e, con i servizi di porcellana e le salierine d’argento, la trascina nella ricostruzione della villa shabby chic in Costa Azzurra, dove le attrici-parenti non hanno dovuto far altro che recitare se stesse.

I dialoghi, le litigate, l’affetto, i rancori, i desideri, gli amori, l’artrosi, i fantasmi del matriarcato Bruni Tedeschi ritornano fedelmente nel film nel quale scorre una delle tante villeggiature della famiglia che ogni anno si riunisce nella stessa veranda, sotto lo stesso sole, con la stessa cameriera che serve in tavola e che, una volta ridiscesa nelle cucine, sparla dei padroni con gli altri servitori.



Nell’estate di “Les Estivants”, la protagonista Anna (Valeria Bruni Tedeschi), sceneggiatrice, appena lasciata dal compagno (Riccardo Scamarcio), con evidente riferimento alla rottura con l’ex fidanzato Louis Garrel, arriva nella villa insieme alla figlioletta Oumy per trascorrere le vacanze. In cima a un promontorio, a picco sul mare, ritrova il luogo dell’infanzia e della giovinezza; riabbraccia la madre Marisa con le sue vestaglie di seta, la zia Gigi con la sua badante, la sorella Elena che nel film è Valeria Golino («una parte della mia famiglia, con la quale si confonde» dice la regista), il cognato Sarkozy sotto le sopracciglia tinte di Pierre Arditi, il suo segretario, qualche ospite, l’amica sceneggiatrice (vera e nel film) Noémie Lvovsky e il ricordo sempre vivo, sempre sul punto di sanguinare, del fratello Virginio, morto nel 2006.



«Penso che il film sia un’autobiografia immaginaria, mi piace questa definizione così musicale perché che getta una luce nuova sulla realtà» spiega la regista alla conferenza stampa che diventa subito lavacro collettivo, davanti al quale, come intorno al tavolo da pranzo della villa, (quasi) nessuno si trattiene.

«Nel precedente film di Valeria, “Un castello in Italia”, avevo avuto un ruolo molto più importante» si lamenta la madre Marisa «questo invece è stato facile, naturale, perché racconta il tipo di vita che facciamo al mare. I discorsi del film sono uguali a quelli che scambiamo quando ci sediamo a quel tavolo che, ormai, resta in piedi solo per miracolo».

Tre generazioni di donne, di cui la più temibile dev’essere zia Gigi, 95 anni, che irrompe: «Questo film mi ha disturbato per il mio complesso d’inferiorità rispetto a tutti i bravi attori che vedevo in giro. No, non mi sono divertita, perché ho dovuto ricercare nella mente molti episodi della mia vita, anche tristi e orribili. In ogni caso, è stata un’esperienza molto utile e, quando ho visto il film, ho pianto».

La sorellanza, la maternità realizzata e quella mancata, la rivelazione di un aborto da parte di Elena, di una violenza subìta da parte di Anna (sulla quale la regista ha glissato, sebbene, a proposito di #metoo, dirà poi che non è mai stata molestata), tornano e ritornano in un film che, fatto da donne, tra donne, lascia agli uomini solo gli avanzi.

Riccardo Scamarcio, anche lui della partita per via della lunghissima relazione con Valeria Golino, racconta di aver cercato in tutti i modi di non fare il film dando buca due volte ai provini, e infine di rispecchiare nel film quello che è: un uomo che non arriva mai, facendo disperare la povera Anna, la cui fragilità si rispecchia in quella di Valeria Bruni Tedeschi. «Ho la fortuna di avere una vita in cui lavoro e amicizia si confondono, anche poter lavorare con mia madre è stata una fortuna» dice la regista «però sì, se fossi più amata dagli uomini sarebbe meglio». Con uno sguardo, la Golino la rassicura. «È sempre un’esperienza lavorare con Valeria e la sua famiglia, perché significa essere liberi e protetti allo stesso tempo» dice l’attrice «con lei posso essere al mio peggio». In serata, red carpet al meglio con gli altri interpreti Yolande Moreau e Bruno Raffaelli. —



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