Sveva, 17 anni, scrittrice per istinto
“La ragazza che pesava il tempo” è il folgorante debutto di Graziotto, liceale trevigiana

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Può una ragazza di appena 17 anni raccontare la storia di un amore giovanile potente e imperituro? E può farlo guidata da un impulso dal sapore ottocentesco come l’ispirazione, mettendo al centro il concetto del tempo che fugge? La risposta sta in “La ragazza che pesava il tempo”, il romanzo edito da Santi Quaranta che la trevigiana Sveva Graziotto ha steso in neppure sei mesi, scrivendo spesso di notte e durante l’estate, una volta libera dagli impegni del liceo classico Canova, dove frequenta la prima liceo. Quasi 150 pagine fitte di dialoghi e di introspezione, date alle stampe lo scorso aprile: tanto, per una ragazza che si affaccia appena all’età adulta. Mamma bellunese, Stefania Sommavilla, che in passato ha pubblicato libri illustrati per bambini, papà vicentino consulente finanziario, il fratello Lorenzo brillantissimo ex studente dello scientifico - fu chiamato a parlare in Senato - oggi alla Sapienza, una sorella 14enne, Diletta, studentessa alle superiori,, istituto Mazzotti. E lei, una vita tra i libri di scuola - non serve dire che i voti sono ottimi - l’amato pianoforte, il disegno. E la scrittura dettata da un bisogno incontrollabile. Un impulso profondo e liberatorio che, nella sua casa in centro a Treviso, traduce in racconto.
Come è nata questa passione per la scrittura?
«A casa leggiamo tutti molto, anche se la scuola non mi lascia molto tempo. Approfitto dell’estate. Alle elementari mi piaceva scrivere racconti di fantasia, poi al liceo ho smesso, scrivevo soprattutto pensieri personali in un diario. Prima del romanzo per due anni non avevo più scritto niente».
È il primo libro che scrivi?
«L’anno scorso ho partecipato al concorso Berto riservato ai giovani con un racconto lungo e sono arrivata quinta. Adesso forse c’è qualche possibilità per il Comisso. Avevo scritto una storia autopubblicata su internet, ma me ne sono pentita. Non mi piace quasi mai, dopo, quello scrivo».
Come è nata “La ragazza che pesava il tempo”?
«Ho cominciato scrivendo di getto, senza un filo logico, gli argomenti che avevo in testa. Poi ho trovato una trama, ma non mi ero proposta l’idea di dover scrivere: sotto pressione non riesco. Nei personaggi c’è qualcosa di me. Più nella figura di lui».
Quando hai trovato il tempo per scrivere addirittura un romanzo?
«Da maggio ai primi di ottobre, poi ho deciso di mandare i testi alla casa editrice e a fine aprile il libro è stato pubblicato. Scrivevo soprattutto di notte e durante l’estate. Da allora non ho più scritto niente».
Qualcun altro sapeva che stavi scrivendo un romanzo? I genitori, i professori?
«Ho tenuto tutto per me per parecchio tempo, non avevo idea se sarebbe piaciuto, un po’ mi vergognavo. Poi ho fatto leggere i testi ai miei genitori che mi hanno incoraggiata a cercare una casa editrice. Quando il libro è stato accolto è stata una sorpresa».
E a scuola? Che dicono i tuoi insegnanti?
«L’hanno saputo perché sono state affisse le locandine nell’atrio. Mi hanno promesso che lo leggeranno».
A scuola i voti sono ottimi, c’è la scrittura. E poi?
«La scuola da quest’anno mi impegna molto, poi suono il pianoforte e mi piace. Sento il bisogno di suonare almeno un’ora al giorno. Anche il disegno mi piace. E mi interessa viaggiare, spero di poterlo fare in futuro».
Nel romanzo è centrale il ruolo dell’arte nella vita due protagonisti. L’arte ha a che fare con l’idea di poter fermare il tempo.
«Infatti, finalmente posso studiare storia dell’arte anche a scuola».
Come ti immagini nel futuro? Cosa ti piacerebbe fare?
«Ancora sono confusa, da una parte medicina, dall’altra il mondo del cinema, sceneggiatura e scenografia».
E la scrittura?
«Non lo so, è venuta all’improvviso. Se mi verrà in mente una storia mi piacerebbe scriverla, ma senza sentirmi costretta anche perché ho sempre il timore di non essere all’altezza».
Sei una scrittrice nell’epoca degli sms.
«A me piace ritrovarmi in un libro, ma è giusto dedicarsi anche alla tecnologia. Ci vuole questo è quello, anche io uso sms e WhatsApp».
Leggendo il tuo libro si nota che padroneggi pensieri molto adulti.
«Sì, me l’ha detto anche l’editore. L’idea del tempo che fugge la provo anche io quando ho tante cose da fare, quindi in modo molto più pratico della protagonista».
E il fatto che muoiano le mamme di entrambi?
«È l’aspetto che li legherà davvero quando saranno soli al mondo. Solo che lei è sperduta per sempre, mentre lui troverà se stesso».
I tuoi genitori che dicono ora che il libro è stato pubblicato?
«Sono molto contenti per me, più di quanto lo sia io. Non voglio esagerare nella felicità».
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