Tamburini: «L’incontro speciale nel nome del maestro comune»

L’astrofisico veneziano Fabrizio Tamburini e Stephen Hawking avevano in comune un grande amico e un grande maestro, Dennis Sciama, fisico teorico della Sissa di Trieste. «Quando l’ho incontrato a...
Venezia, 10.05.2006.- Lo scienziato Stephen Hawking in piazza S.Marco.-Interpress/Agostini.
Venezia, 10.05.2006.- Lo scienziato Stephen Hawking in piazza S.Marco.-Interpress/Agostini.

L’astrofisico veneziano Fabrizio Tamburini e Stephen Hawking avevano in comune un grande amico e un grande maestro, Dennis Sciama, fisico teorico della Sissa di Trieste. «Quando l’ho incontrato a Padova nel 2006 mi ha detto che era un onore ricordare con un allievo di Dennis un grande scienziato come lui e un grande amico» ricorda Tamburini, celebre per la sua ricerca sui vortici di cui parlerà a maggio a Uppsala, dove è stato invitato dalla Royal Swedish Sciences of Academy e dal Nobel Institute for Physics. «È stato molto bello e intenso incontrarlo. Non poteva muovere le mani, ma mi ha comunicato che aveva piacere di stringermi la mano e così ho fatto. Abbiamo parlato di Sciama, e di fisica». Tamburini ha letto tutti i suoi libri, ma quello che davvero lo colpiva di Hawking era la capacità di scrivere la matematica: «La matematica è come la musica, quando hai talento, competenze e tanta esperienza riesci a costruire delle forme logiche di grande bellezza, come solo lui sapeva fare e come rimarrà sempre sei suoi libri. Aveva un senso estetico brillante, perfezionato anche dalla continua pratica, molto appagante». «Ora c’è chi dice che era nato lo stesso giorno di Galileo, ed è morto lo stesso giorno di Newton e nella Giornata del Pi Greco, ma non credo che a lui questo sarebbe piaciuto, era uno pragmatico» conclude Tamburini. «Negli anni ci siamo scambiati gli auguri, gli ho mandato la mia ricerca sui vortici e so che ha ricevuto la sua attenzione. Era un grande uomo: uno scienziato che a 70 anni mette in dubbio quanto ha fatto tutta la via è un vero scienziato, uno che continua a praticare il metodo galileiano, la verifica. Questo lui lo faceva di continuo, senza mai aver paura dei risultati».

Vera Mantengoli

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