«Tengo viva la commedia musicale»

PADOVA. Non si può crescere tra il Teatro Sistina e il Teatro delle Vittorie, senza rimanerne segnati. Non si può frequentare casa Vianello, quella vera, e trattare Sandra e Raimondo come vecchi zii senza poi avere, crescendo, la voglia di far rivivere un certo modo di fare teatro, di divertire il pubblico, di raccontare con leggerezza i fatti della vita. E dunque se uno si chiama Stefano Eros Macchi, ha come nonno Sandro Giovannini e come padre Eros Macchi, regista di centinaia di varietà televisivi del sabato sera, forse è inevitabile che a un certo punto della propria carriera ci sia la tentazione di riprendere la vocazione familiare e portare teatro uno spettacolo simbolo degli anni Sessanta come “Un mandarino per Teo”. Così sabato sera, al Teatro Verdi di Padova torna in scena la vecchia commedia musicale di Garinei e Giovannini, con ovviamente la musica del maestro Kramer, a opera del teatro de L’Inutile diretto, appunto, da Stefano Eros Macchi, che da alcuni anni ha deciso di lavorare a Padova. «È la prima volta - dice - che porto in scena una commedia di mio nonno. E ho scelto questa perché la trovo assolutamente attuale in un momento come questo. Una canzone come “Soldi, soldi, soldi” ha qualcosa da dire anche a noi». Ovviamente dietro la scelta ci sono anche le motivazioni personali. «In questi anni - dice il regista- c’è stata una grande attenzione per il musical, ma la commedia musicale italiana è un’altra cosa, e mi spiacerebbe che rimanesse confinata solo nello spazio del Sistina. Io sono cresciuto lì, andavo quasi ogni sera, perché mia madre se ne occupava direttamente, ho assistito a centinaia di prove di spettacoli. Ma aldilà di questo, credo proprio nella qualità teatrale della commedia musicale, che è prima di tutto una commedia, deve far ridere e divertire, anche se la musica ha un grande ruolo». E così è “Un mandarino per Teo”, che nel tempo ha visto come protagonisti Walter Chiari, Gino Bramieri e più recentemente Maurizio Michieli. «Ovviamente - dice Macchi - non ho potuto vedere l’edizione classica con Walter Chiari dal vivo, ma ne ho la registrazione. Purtroppo mio nonno è morto quando io ero ancora piccolo e quindi non ho ricordi di lui sul lavoro. Ne ho invece di Garinei, anche se, quando frequentavo il Sistina, che era il teatro di famiglia, non avevo ancora deciso che mi sarei occupato di teatro». E però respirare quell’aria alla fine ha portato alle tavole del palcoscenico. «Essendo figlio e nipote di gente di teatro - dice Macchi - sono stato sconsigliato in tutti i modi possibili. Tutto meno questo, mi dicevano, e così ho voluto pensarci bene, ho voluto capire se era veramente la mia passione. Quando ho capito che lo era, però, anche mio padre mi ha sostenuto». E questo ha portato a mettere in scena ora, a distanza di anni, anche i testi del nonno.
«Io credo che gli spettacoli di Garinei e Giovannini» dice il regista «siano un po’ come quelli di Eduardo. Sono un pezzo di cultura italiana e bisogna continuare a portarli in scena. Io l’ho fatto con grande fedeltà, anche se è stato difficile trovare attori capaci di quella leggerezza che questi testi richiedono. Il testo è rispettato nell’integralità, ho solo lavorato sui ritmi, sulle scenografie, per rendere tutto più attuale». Promette divertimento Stefano Eros Macchi, ma c’è anche l’idea che “Un mandarino per Teo” sia solo un inizio. «Già a partire da questa estate - dice - spero di avviare una scuola per attori di commedia musicale, perché il rischio è quello di non avere più interpreti in grado di metterla in scena. Bisogna invece riportarla in auge, creando della grandi professionalità».
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