Tiziano e l’enigma dei due ritratti dove la mano non è mai la sua

La mostra in corso a Pieve di Cadore è spunto per una riflessione critica e una proposta per il 2026

Enrico Maria Dal Pozzolo

Mi si chiede un’opinione sulla mostra “Tiziano. L’enigma dell’autoritratto”, aperta da poco a Pieve di Cadore nella cosiddetta Casa di Tiziano. Essa nasce da un riscontro documentario: quello relativo alla presenza a Pieve, nella Casa di Tiziano l’Oratore (un parente del pittore), di un’immagine con le fattezze del maestro, testimoniata almeno a partire dai primi decenni del Seicento. Sul caso si era soffermato il compianto Lionello Puppi, in un saggio il cui titolo ha dato lo spunto a quello dell’esposizione in oggetto.

Gli autoritratti certi di Tiziano sono due: uno a Berlino e l’altro a Madrid. Esiste, tuttavia, un certo numero di copie e derivazioni, una delle quali – conservata nei depositi degli Uffizi di Firenze – per molto tempo era stata considerata autografa. Presentata da Puppi nel 2007 a Belluno, in occasione della mostra Tiziano. L’ultimo atto, come un lavoro di bottega, con un possibile intervento del maestro, essa è stata collegata ipoteticamente alla menzione documentaria cadorina.

Per turisti colti

Così, assieme a un altro Ritratto di Tiziano, pure custodito nei depositi degli Uffizi, il dipinto è stato richiesto per questa iniziativa. Organizzata dalla Magnifica Comunità di Cadore – a cura di Letizia Lonzi e Antonio Genova, sotto la direzione di Matteo Da Deppo – essa ha come finalità quella di richiamare un turismo colto e motivato a Pieve e in Cadore, cercando di dare vitalità al contesto della cosiddetta Casa di Tiziano (uso tale termine, perché non esistono elementi di certezza assoluta in merito all’identificazione della stessa con la dimora dei Vecellio), ponendosi in linea con altre due iniziative analoghe svoltesi negli anni precedenti.

Nella sala al pian terreno dell’edificio i due dipinti sono presentati – accanto ad altri materiali di complemento e didattici – come copie e derivazioni dal maestro; tuttavia, in occasione dell’inaugurazione, i curatori – pur auspicando la possibilità che almeno uno di essi possa in qualche modo e misura risultare originale – hanno correttamente dichiarato che la querelle attributiva a questo punto debba spettare agli specialisti dell’artista.

Il Centro studi

Si dà il caso che proprio a Pieve di Cadore esista – fin dal 2003 – una Fondazione Centro Studi dedicata al maestro, che da anni raccoglie alcuni tra i massimi studiosi al mondo in materia e che vanta non solo un bollettino annuale arrivato oggi al nono volume, ma anche la pubblicazione di numerose monografie, nonché l’organizzazione di eventi espositivi di tutto rilievo, come quello (nel 2013, a cura di Bernard Aikema) che ha portato a Pieve un’importante paletta giovanile del Vecellio proveniente da Anversa. Chi scrive fa parte di tale comitato scientifico.

La distinzione

Anzitutto una premessa essenziale: bisogna distinguere tra autoritratto e ritratto. Nel senso che – da quel che si legge nei pannelli in mostra – nei primi documenti si riferisce sempre di un “ritratto” di Tiziano, cioè di un’immagine che ne riporta le fattezze. Di solito, però, quando in antico si voleva intendere un autoritratto, quasi sempre la parola “ritratto” era accompagnata da specificazioni del tipo: “fatto di sua man” o “fatto di sé medesimo”. Quando non compaiono tali complementi, è molto più probabile che si trattasse di una semplice “imago”, che tramandava un prototipo illustre precedente o addirittura ne inventava uno ex novo.

Ero accanto a Puppi ai tempi dell’Ultimo atto e posso testimoniare che, in merito alla possibilità di una compartecipazione esecutiva del maestro nella tela degli Uffizi, egli volle essere – per dir così – deliberatamente “ottimista”: era uno dei primi pezzi che aprivano il percorso e, nella consapevolezza del mistero che avvolse la realizzazione delle pitture dell’ultima fase del maestro cadorino (in cui dirigeva un oscuro lavoro di bottega), ritenne di non escludere tale possibilità.

Allora come oggi, non vedevo e non vedo un unico punto in cui poter supporre un intervento del maestro in persona e, considerando certe caratteristiche esecutive, non escludo che possa trattarsi di un’opera realizzata da Marco Vecellio, un parente e collaboratore di Tiziano, che dopo la sua morte eseguì molte pale anche in Cadore.

l’ipotesi

La seconda opera è molto bella e interessante. Personalmente la conoscevo solo da una vecchia fotografia in bianco e nero, dalla quale non si evinceva l’alto livello esecutivo e neppure la singolarità tecnica. Perché si tratta, come opportunamente evidenziato in mostra, di un foglio di carta – raffigurante la sola testa – incollato su una tavola più grande che ne ha ricostruito la mezza figura, in modo peraltro molto sciatto, come se si fosse voluto enfatizzare la differenza di resa rispetto alla testa. In quest’ultima, che è davvero di notevole qualità, tenderei a riconoscere la mano di uno dei protagonisti del barocco veneziano: Pietro della Vecchia, noto per i suoi falsi di Giorgione e di Tiziano. Tra l’altro, proprio agli Uffizi si conserva uno pseudo-autoritratto di Tintoretto che è certamente suo e che, come in questa tavola ora a Pieve, ricompone una mezza figura proprio partendo da una testa, che venne poi allargata, a mio giudizio pure dallo stesso Vecchia. Era un personaggio quasi diabolico, molto temuto all’epoca per i suoi trucchi: non sono pochi i musei e le collezioni in cui suoi quadri vengono attribuiti a grandi maestri del Cinquecento.

Le olimpiadi e l’altare

Chiudo con un doppio auspicio. Il primo è che la Magnifica Comunità possa continuare a impegnarsi in iniziative di valorizzazione del patrimonio locale con questa determinazione, ma che – in materia tizianesca – lo faccia in una collaborazione più stretta con la Fondazione Tiziano, che in questi anni ha portato avanti iniziative scientifiche, innovative e divulgative, di altissimo profilo. Il secondo è un suggerimento extra-tizianesco, che mi sembra molto importante. Esiste la possibilità concreta di riunire lo straordinario altare ligneo dipinto che si conserva in parte nel duomo di Pieve di Cadore e in parte nella sacrestia dello stesso, con un unico pezzo mancante: una meravigliosa Madonna con il Bambino policroma che è stata individuata a Palazzo Madama a Torino.

Sarebbe un’operazione straordinaria, magari da realizzare in occasione delle iniziative legate alle Olimpiadi di Milano/Cortina: davvero degna di una Magnifica Comunità. —





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